
Pubblico la terza lettera che ho inviato ieri alla professoressa Veronica De Romanis, dopo aver ascoltato una sua intervista a Radio Radicale, nella quale ha ripetuto la bufala che l’Italia è stato il Paese che ha maggiormente beneficiato della cosiddetta flessibilità.
Lettera n. 3 alla professoressa Veronica De Romanis sulla sua notizia falsa sulla flessibilità concessa all’Italia
A vderomanis@luiss.it Copia maria.alberticasellati@senato.it e altri 48+150
ALLA C.A. DELLA PROFESSORESSA VERONICA DE ROMANIS
CC PARLAMENTARI, MINISTRI, PROFESSORI, MEDIA, ALTRI
Egr. Professoressa De Romanis,
Lei, ieri (a Radio Radicale, intervistata da Valeria Manieri), ha di nuovo dichiarato che l’Italia è il Paese che ha ottenuto più flessibilità: 30 mld. I dati attestano che ha dato di nuovo[1] una notizia falsa.
Lei – fatto grave per una economista – non ha specificato l’arco temporale in cui tale flessibilità di 30 mld è stata concessa all’Italia. Presumibilmente Lei si riferisce agli ultimi tre Governi, e allora non sembra una grande cifra.
Inoltre, così facendo Lei ha commesso un altro errore grave: escludere il periodo cruciale della grave crisi economica che ha colpito l’Italia (e il resto del mondo), più grave di quella scoppiata negli anni ’30 del secolo scorso, le cui conseguenze hanno ridotto sensibilmente la struttura economica e produttiva dell’Italia e si propagano a tutt’oggi.
Data la reiterazione, arrivo a sospettare che ricommettere questo grave errore Le serva anche a rimuovere il vulnus al Suo orgoglio nell’aver ignorato,[2] assieme alla intera categoria degli economisti - una vera débacle -, il consolidamento fiscale molto rilevante che fu deciso in Italia dopo la crisi della Grecia, nella XVI legislatura (Governi Berlusconi e Monti), dal Governo Berlusconi, che in buona parte vige tuttora. Peraltro, tale ignoranza conferma plasticamente che la classe abbiente non fu (quasi) toccata dalle misure severe e scandalosamente inique emanate dal Governo Berlusconi.
Mi permetto di ri-rammentargliene le cifre. Traggo dal mio saggio:[3]
[3] “LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO”
Premessa. L’attacco al debito sovrano italiano nel 2011, che, a causa della quasi latitanza della BCE, aveva portato lo spread[22] BTP-Bund ad un picco di 574 punti base[23] e faceva temere il default, causò le dimissioni del Governo Berlusconi,[24] ritenuto dall’UE - e forse dai mercati finanziari, che in realtà avevano scommesso sulla rottura dell’Euro - inadeguato e renitente ad adottare i provvedimenti necessari suggeriti dalla stessa UE, e la sua sostituzione, quasi a furor di popolo e con la benedizione dell’UE, con il Governo tecnico Monti,[25] che appariva quindi in quelle circostanze drammatiche un salvatore dell’Italia.
Questo duplice giudizio è falso, poiché non è confermato da un’analisi obiettiva ex post dei dati.
Berlusconi, non Monti. Le manovre finanziarie correttive del governo Berlusconi, in un quasi equivalente lasso di tempo (circa un anno e mezzo), sono state ben il quadruplo di quelle del governo Monti.
Riepilogo delle manovre correttive (importi cumulati da inizio legislatura):
- governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld (80,8%);
- governo Monti 63,2 mld (19,2%);
Totale 329,5 mld (100,0%).
Le cifre. Le manovre correttive, dopo la crisi greca, sono state: • 2010, DL 78/2010 di 24,9 mld (valore non cumulato); • 2011 (a parte la legge di stabilità 2011), due del governo Berlusconi-Tremonti (DL 98/2011 e DL 138/2011, 80+65 mld cumulati), con la scopertura di 15 mld[26][27] che Tremonti si riprometteva di coprire, la cosiddetta clausola di salvaguardia (DL 98/2011, art. 40), con la delega fiscale, cosa che ha poi dovuto fare Monti aumentando l’IVA, piuttosto che confermare l’iniquo taglio tremontiano delle agevolazioni fiscali-assistenziali, cfr. il libro di Elsa Fornero che verrà commentato estesamente nel capitolo 2 «Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni», dove ella scrive:
«La «salvaguardia» stabiliva che, se entro il 30 settembre 2013 il (nuovo) governo non avesse ottenuto i risparmi promessi attraverso un’improbabile delega fiscale-assistenziale, sarebbe entrato automaticamente in azione un taglio lineare (del 5 per cento nel 2013 e addirittura del 20 per cento a decorrere dal 2014) di tutte le agevolazioni fiscali. Fu uno dei compiti, oggi dimenticati, del governo Monti quello di scongiurare gli effetti di una simile mannaia che avrebbe colpito soprattutto le famiglie più povere: tali agevolazioni consistevano, infatti, per lo più in detrazioni per redditi di lavoro e pensione, per carichi familiari e nelle aliquote ridotte dell’Iva per i beni di prima necessità.» (Posizione kindle: 2451),
e una del governo Monti (DL 201/2011, c.d. decreto salva-Italia), che cifra 32 mld «lordi» (10 sono stati «restituiti» in sussidi e incentivi); • 2012, DL 95/2012 di circa 20 mld.
Quindi in totale esse assommano, rispettivamente: - Governo Berlusconi: 25+80+65 = tot. 170 mld; - Governo Monti: 22+20 = tot. 42 mld.
Se si considerano gli effetti cumulati da inizio legislatura (fonte: Il Sole 24 ore), sono: - Governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld; - Governo Monti 63,2 mld. Totale 329,5 mld.
Politica fiscale del Governo italiano
In definitiva, la politica fiscale durante la crisi, in parte scelta dal Governo Berlusconi-Tremonti ed in parte imposta al Governo italiano dall’Unione Europea e dalla BCE, anche a causa delle debolezze extratecniche del PdC Berlusconi e della perdita di immagine del Paese (Placebo di Peter: Un grammo di immagine vale più di un chilo di fatti), che si riverberò sul Governo Monti, fu contrassegnata da fattori univoci nel senso della recessione:
a) la quasi assenza di misure anticicliche (meno dello 0,5% fu destinato alla crescita, contro il 2-3% medio negli altri Paesi);
b) l’avanzo primario, tranne il 2009-2010, culmine della crisi, fu consistente: “L’Italia ha registrato nei cinque anni considerati (2008-2012) un avanzo primario cumulato pari a circa il 5,4 per cento del Pil 2012, contro un disavanzo medio del 7,4 per cento nell’area dell’euro. La Germania ha conseguito un avanzo primario, pari a 4,7 punti percentuali di Pil, mentre la Francia ha conseguito un disavanzo primario per 7,4 punti percentuali. Eccezionali livelli di disavanzo si sono registrati in Irlanda (59 punti percentuali di Pil), Spagna (35 punti percentuali) e Grecia (30 punti percentuali)”;
c) una politica fiscale divergente rispetto a tutti gli altri Paesi: “Nel confronto complessivo, si evidenzia il grande sforzo di consolidamento fiscale compiuto dall’Italia nel periodo della crisi: il nostro è stato l’unico paese della Uem a non aver attuato nel complesso politiche espansive, presentando effetti cumulati restrittivi per oltre 5 punti di Pil. Nell’area dell’euro l’impatto è risultato espansivo per 13 punti di Pil, in Francia per 14 e in Germania per 6.”; e sprecando d) [...]
Tabella n. 3 - Valori delle cinque manovre correttive 2010÷2012
Governo Berlusconi: DL 78/2010, DL 98/2011 e DL 138/2011; Governo Monti: DL 201/2011 e DL 95/2012 (milioni di euro)
*Minori spese per 20.326 milioni nel triennio 2012-14 sono compensate da minori entrate per 19.680.
(Fonte: elaborazione mia su dati del Servizio Studi della Camera o del Senato)
Sulle politiche fiscali divergenti, questa tabella dell’EUROSTAT è più eloquente di tante parole:
Tabella n. 4 - EUROSTAT – Deficit/Pil
Sulla base di tale tabella, si ricava agevolmente che la vulgata, diffusa ad arte dalla Commissione Europea e alimentata colpevolmente anche da Lei, che l’Italia sia il Paese che più ha beneficiato della flessibilità è del tutto infondata in presenza dei seguenti dati relativi allo sforamento complessivo del parametro del 3% deficit/Pil nel periodo 2007-2016: Irlanda 55,2%, per 7 anni; Grecia 54,4%, per 9 anni; Spagna 40,2%, per 9 anni; Portogallo 29,3%, per 8 anni; Francia 15%, per 9 anni; (Gran Bretagna 24,2%, per 7 anni); Italia 4%, per 3 anni.
Ma, si può obiettare, la maggior parte dei Paesi indicati sopra hanno accettato di sottoporsi ad un programma formale di aggiustamento. L’Italia non accettò l’aiuto della troika (anche se Sarkozy e Merkel, attraverso la presidentessa dell’FMI Christine Lagarde, insistettero in tal senso nel vertice di Cannes del 2011), ma il Governo Berlusconi fu prima di fatto commissariato (funzionari di FMI e BCE, subito dopo il vertice, vennero a Roma, ricevuti dal ministro Brunetta, che ormai sostituiva il ministro dell’Economia Tremonti in rotta di collisione con il PdC Berlusconi), sebbene avesse ubbidito quasi in tutto ai diktat dell’UE (il quasi dipese dal veto di Bossi) e varato manovre correttive pesantissime per 209 mld cumulati a valere per il quadriennio successivo. E poi costretto alle dimissioni, dopo aver perso la maggioranza parlamentare.
Così si poté concretizzare l’eliminazione politica – e morale - di Berlusconi ad opera di Merkel e Sarkozy, che aveva avuto un prologo al vertice di Bruxelles del 22 e 23 ottobre 2011,[58] e che, come risulta dalle foto e dai video,[108] ha la sua rappresentazione plastica al G20 di Cannes, in terra di Francia, dove il premier italiano venne quasi scansato pubblicamente come un appestato e isolato fisicamente, ma pressato in privato ad accettare l’aiuto della Troika. Egli rifiutò l’assistenza finanziaria formale della troika, ma accettò che rappresentanti della stessa, a stretto giro, controllassero de visu a Roma gli adempimenti delle misure promesse. Che in realtà, come abbiamo visto, c’erano già stati, ma che l’inaffidabilità del Presidente del Consiglio, amplificata dai media italiani e internazionali che fin dall’estate, in occasione del varo della seconda, pesantissima manovra correttiva, come sostiene Brunetta, avevano cominciato a parlare di «Berlusconi trick», e strumentalizzata dal duo Merkel-Sarkozy, faceva mettere in dubbio.
Ma, si obietta soprattutto, l’Italia ha un alto debito pubblico, che – com’è noto – è il convitato di pietra di qualunque analisi riguardi l’Italia, secondo l’opinione dei Tedeschi e quindi dell’UE (anche parecchi Italiani, inclusa Lei, la pensano così, però a differenza degli stranieri non citano mai tra le misure da prendere per ridurlo l’imposizione sulla ricchezza dei ricchi).
Questa accusa proviene in primo luogo dalla Germania, che come è noto definisce con la stessa parola, schuld, debito e colpa. Forse perché, dal 1800, la Germania ha fatto ben 8 volte default o ristrutturazione del debito (“This Time is Different”, pag. 99, Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart). L’Italia quasi mai, tranne una parziale ristrutturazione del debito dopo la I Guerra Mondiale. Dopo la II Guerra Mondiale, ci ha pensato l’inflazione, ma anche l’Italia (assieme alla Grecia e ad altri 19 Paesi), decise generosamente di condonare il 50% del debito tedesco e di dilazionare il resto in 30 anni, successivamente ulteriormente tagliato. Nel 2012, l’Italia ha regolarmente pagato interessi sul debito pubblico per 86 mld, ora ne paga regolarmente 66 su un ammontare di debito cresciuto di 450 mld (da 1.900 a 2.350, al lordo dei 58 mld dei “sostegni”) e – peraltro potendo contare anche su una ricchezza privata di 9.000 mld - non ha mai chiesto ad altri di pagarli o aiuto per pagarli.
Includendo il debito “sotto il tappeto”, il rapporto debito pubblico/Pil della Germania e dell’Olanda (2016), abituali censori dell’Italia ed in particolare del suo debito pubblico, sale, rispettivamente, al 172% e al 173%, poco sotto quello dell’Italia, che si attesta al 180% (con un denominatore, il Pil, che ha subito un calo di 170 mld a causa della politica economica prociclica imposta dall’UE).
Considerando anche il debito privato (dati OCSE), parametro altrettanto importante del debito pubblico e che andrebbe inserito nei parametri UE, la situazione dell’Italia (172,5 per cento del Pil) è migliore della Spagna (207,9), della Francia (233,9) e, soprattutto, dell’Olanda (261,3), uno dei maggiori censori abituali dell’Italia, in particolare del suo debito pubblico.
Da 28 anni (tranne il 2009-2010, culmine della crisi economica), l’Italia fa registrare un avanzo primario, spesso consistente, in totale (%) maggiore di quello della Germania. Questo vuol dire che il debito pubblico cresce esclusivamente per colpa della spesa per interessi, anche perché paga tassi doppio o triplo rispetto alla Francia e alla Germania.
Non è superfluo osservare che l’avanzo primario sottrae risorse all’economia reale e che il deficit è poco influente sulla crescita, poiché copre parte della spesa per interessi sui titoli pubblici, detenuti soltanto per il 5% dalle famiglie.
Il Governo Conte II (M5S, PD e LeU) ha ottenuto ieri la fiducia anche al Senato con 169 sì, 133 no e 5 astenuti. Questo governo è una sorta di miracolo. Speriamo dia bei fiori e buoni frutti.
Fatene un altro voi neo-liberisti, di miracolo, ancora più improbabile: emendatevi dalla vostra ideologia strampalata e spietata al soldo dei ricchi (che il padre del liberismo, Adam Smith, economista e filosofo morale, sicuramente aborrirebbe) e formulate una proposta che contempli: un corposo piano pluriennale di case popolari di qualità (ce ne sono appena 525.000, pari all’1,5% del totale degli immobili residenziali, contro il 10, 20, 30% e oltre di altri Paesi UE, al 1° posto c’è l’Olanda col 32%), lavoro, economia verde, educazione e ricerca, investimenti, giustizia sociale, revisione quali-quantitativa della spesa pubblica, politica fiscale redistributiva (c’è ampio spazio di intervento nell’ambito dei capitoli delle entrate – il primo che mi viene in mente è il ripristino dell’ICI-IMU-TASI sulla casa principale per co-finanziare il Piano case popolari - e dei capitoli della spesa, perfino della spesa sociale!), tra cui una congrua imposta patrimoniale sui ricchi (che si sono arricchiti con la crisi, anche perché hanno contribuito pochissimo al mastodontico risanamento dei conti pubblici della XVI legislatura, le cui misure strutturali vigono tuttora), per trovare le ingenti risorse necessarie stanti i vincoli UE. Perché – come si è visto, a causa anche di ignoranza e di pregiudizi - è insufficiente confidare nella flessibilità, per una svolta economica occorre trovare almeno 50 mld per un triennio, senza aumentare il debito pubblico, che è il convitato di pietra di qualunque interlocuzione con l’UE, sotto il controllo occhiuto e interessato dei mercati finanziari, lasciati liberi di speculare e che da decenni hanno un “occhio” di riguardo per i… soldi dell’Italia, anche per colpa della cacofonia autolesionistica e antipatriottica italiana, segnatamente di voi neo-liberisti, che predicate bene e razzolate male.
PS: Reinvito Radio Radicale, che ho ripreso ad ascoltare nell’ultimo anno, a non alimentare quasi quotidianamente le fake news, intervistando gli economisti, in questo (LA PRIMA PIU’ GRANDE BUFALA DEL XXI SECOLO) ed in altri punti riguardanti il Governo Berlusconi e il Governo Monti, incluse le riforme delle pensioni (LA SECONDA PIU’ GRANDE BUFALA DEL XXI SECOLO).
Lettera alla professoressa Veronica De Romanis sulle sue notizie false su chi ha attuato l’austerità economica
Lettera n. 2 alla professoressa Veronica De Romanis sulle sue notizie false sulla flessibilità concessa all’Italia
CC maria.alberticasellati@senato.it, fico_r@camera.it, segreteria.ministro@mef.gov.it, presidenza@luiss.it, direzionegenerale@luiss.it, rettore@luiss.it, prorettoredidattica@luiss.it, president@stanford.edu, ecc.

Nello scorso mese di giugno inviai una lunga Lettera alla Commissaria europea Margrethe Vestager sui pregiudizi sull’Italia [1 o 2]. Alla quale è seguita la risposta della Direzione Generale Affari Economici e Finanziari della Commissione Europea, anche per conto della Commissaria Vestager [1 o 2] e poi la mia replica [1 o 2]. Ieri ho pubblicato la seconda risposta della DG Affari economici [1 o 2]. Oggi pubblico la mia seconda replica.
Re: Ares(2019)5637574 - [Re] Follow to ECFIN Re: Ares(2019)5154481 - Lettera alla Commissaria Margrethe Vestager sui suoi pregiudizi sull’Italia
Gentile Signora Aliénor Margerit,
La ringrazio per la Sua cortese seconda risposta, che in buona parte condivido (veda la mia lettera alla Commissaria Vestager, che richiamo integralmente). Mi permetta, però, alcune osservazioni su ciò che non condivido, anche perché mi sembra basato su una non completa conoscenza dei dati italiani, che investe anche 60 milioni di Italiani, inclusi gli esperti e i docenti universitari di Economia, premi Nobel di Economia e i principali giornali mondiali (incluso Le Monde), e costituisce un caso di studio di livello mondiale, e che perciò mi permetto di colmare.
So bene che alcuni Paesi da me citati sono stati sottoposti ad un programma di aggiustamento economico e l’Italia no, anzi è stata chiamata a pagare circa 100 mld [rectius: 60 mld, ndr] per sostegni (o accollo di debiti) ad altri Paesi. Ma solo formalmente. Infatti l’Italia è stata colpita da una doppia recessione causata dalla politica economica prociclica imposta dall’UE, e discriminata rispetto ad altri Paesi (traggo i dati dal mio libro “LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO”):
Riepilogo delle manovre correttive (importi cumulati da inizio legislatura):
- governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld (80,8%);
- governo Monti 63,2 mld (19,2%);
Totale 329,5 mld (100,0%).
a valere per il quadriennio (Berlusconi) o triennio (Monti) successivi all’emanazione delle manovre correttive, ma le misure cosiddette strutturali (cioè permanenti) vigono tuttora.
Come attesta l’ISTAT, relativamente al periodo 2008-2012, le politiche economiche sono state divergenti:
«L’Italia – scrive l’ISTAT - ha registrato nei cinque anni considerati (2008-2012) un avanzo primario cumulato pari a circa il 5,4 per cento del Pil 2012, contro un disavanzo medio del 7,4 per cento nell’area dell’euro. La Germania ha conseguito un avanzo primario, pari a 4,7 punti percentuali di Pil, mentre la Francia ha conseguito un disavanzo primario per 7,4 punti percentuali. Eccezionali livelli di disavanzo si sono registrati in Irlanda (59 punti percentuali di Pil), Spagna (35 punti percentuali) e Grecia (30 punti percentuali»; [38]
c) una politica fiscale divergente rispetto a tutti gli altri Paesi: «Nel confronto complessivo, si evidenzia il grande sforzo di consolidamento fiscale compiuto dall’Italia nel periodo della crisi: il nostro è stato l’unico paese della Uem a non aver attuato nel complesso politiche espansive, presentando effetti cumulati restrittivi per oltre 5 punti di Pil. Nell’area dell’euro l’impatto è risultato espansivo per 13 punti di Pil, in Francia per 14 e in Germania per 6.»;[38]
Il grosso delle manovre è stato implementato nel periodo 2010-2011, dopo la crisi della Grecia, in gran parte su pressione dell’UE (Commissione, Consiglio e BCE) esercitata in particolare sul Governo Berlusconi, che, sebbene abbia ubbidito quasi in tutto, fu costretto alle dimissioni.
Tabella n. 3 - Valori delle cinque manovre correttive 2010÷2012
Governo Berlusconi: DL 78/2010, DL 98/2011 e DL 138/2011; Governo Monti: DL 201/2011 e DL 95/2012 (milioni di euro)
*Minori spese per 20.326 milioni nel triennio 2012-14 sono compensate da minori entrate per 19.680.
(Fonte: elaborazione mia su dati del Servizio Studi della Camera o del Senato)
L’entità delle manovre fu in gran parte un effetto dei diktat UE, non la qualità delle misure – scandalosamente inique quelle del Governo Berlusconi – che contribuì ad aggravare e prolungare la crisi economica.
Infatti, Lei ha ragione, lo spread esprime il rischio “percepito”, ma (i) per l’Italia è ingiustificato dai fondamentali, come confermano la sua notevole oscillazione, la comparazione con altri Paesi, la cui economia è molto più debole di quella italiana, il rating BBB delle screditate società di rating, inferiore di quattro gradi a quello del 2011, il giudizio del governatore Visco (v. lettera a Commissaria Vestager); (ii) e dipende anche, oltre che dai pregiudizi sull’Italia non suffragati da un’analisi dei dati e dalla cacofonia isterica di tutti, inclusi i Commissari UE, dal mancato scudo da parte della BCE alla speculazione finanziaria.
L’Italia, pur non facendo parte dei Paesi sottoposti a programmi di aggiustamento, quali Grecia, Irlanda, Spagna, Cipro e Portogallo, è stato l’unico Paese UE ad aver avuto non una ma ben due severe riforme pensionistiche: Sacconi (2010 e 2011), misconosciuta da quasi tutti (inclusi OCSE e FMI), e Fornero (2011); la Francia, soltanto ora, ma nessuno si permetteva di chiederne conto al presidente Sarkozy, il quale forse per senso di colpa si permetteva di irridere il PdC Berlusconi.
Dopo queste riforme, il sistema pensionistico italiano è giudicato unanimemente dagli esperti (incluse Commissione e BCE) tra i più severi e sostenibili in UE28.
Le pensioni costituiscono, per vari aspetti, anche nel confronto internazionale, LA SECONDA PIU’ GRANDE BUFALA, poiché la spesa pensionistica italiana include 50 mld [rectius: 90 mld, ndr] di voci spurie (imposte, spesa assistenziale, TFR); al netto di tali voci, l’incidenza sul Pil scende dal 16% al 12%.
Sono d’accordo con Lei che molto l’Italia potrebbe e dovrebbe fare e che ci sono in Italia troppe resistenze culturali e di interessi potenti, ma io penso che aiuterebbe molto se la struttura UE contribuisse a sgombrare il campo dai pregiudizi, a individuare tali resistenze potenti (contrarie, ad esempio, ad una imposta patrimoniale sui ricchi, che hanno contribuito pochissimo al mastodontico risanamento dei conti pubblici) e a riformare ciò che non va nelle regole UE e nella loro applicazione, come è ormai riconosciuto anche da studiosi di orientamento ortodosso.
Le porgo i miei migliori saluti,
Pubblico la seconda lettera che ho inviato 10 giorni fa alla professoressa, di ideologia neo-liberista, Veronica De Romanis, docente all'Università Luiss di Roma. Ad oggi, non ho ricevuto alcuna risposta né alla prima né alla seconda lettera.
Lettera n. 2 alla professoressa Veronica De Romanis sulle sue notizie false sulla flessibilità concessa all’Italia
A vderomanis@luiss.it Copia presidenza@luiss.it e altri 48
Egr. Professoressa De Romanis,
Nel suo intervento di ieri in diretta a Radio1-Zapping, Lei ha dichiarato che l’Italia, (i) dopo Monti non ha più fatto austerità e (ii) che è stato il Paese che ha più beneficiato della flessibilità.
Sorprende che una economista attenta e severissima censora dei vizi economici dell’Italia come Lei – dovendo escludere la malafede - sia vittima di false convinzioni come una qualunque casalinga:
- sia nel caso macroscopico della responsabilità della recessione, che anche Lei, come tutti gli esperti, ascriveva al Governo Monti[1];
- sia nel valutare se ci sia o non una politica economica espansiva basandosi soltanto sul parametro del deficit e non su quello dell’avanzo primario, che sottrae risorse all’economia reale, atteso che i percettori degli interessi passivi sul debito pubblico non sono quasi per nulla le famiglie (5% circa) ma, nella stragrande maggioranza, o banche e altre istituzioni finanziarie o residenti esteri,[2] per cui restano nel circuito finanziario o all'estero;
- sia nell’aderire fideisticamente alla vulgata, diffusa ad arte dalla Commissione Europea, che l’Italia sia il Paese che più ha beneficiato della c.d. flessibilità, tesi del tutto infondata – come ho osservato nella mia Replica alla DG Affari Economici e Finanziari della Commissione Europea[3] –, oltre all’inaffidabilità della formula del deficit strutturale ammessa dalla stessa Commissione Europea fin dal 2013, in presenza dei seguenti dati relativi allo sforamento complessivo del parametro del 3% deficit/Pil nel periodo 2007-2016 (ricavati dalla tabella n. 4[1]): Irlanda 55,2%, per 7 anni; Grecia 54,4%, per 9 anni; Spagna 40,2%, per 9 anni; Portogallo 29,3%, per 8 anni; Francia 15%, per 9 anni; (Gran Bretagna 24,2%, per 7 anni); Italia 4%, per 3 anni.
[1] Lettera alla professoressa Veronica De Romanis sulle sue notizie false su chi ha attuato l’austerità economica
[2] Detentori del debito pubblico italiano
Banca d'Italia ……………………….367.824 (16,2%)
istituzioni finanziarie monetarie ……599.611 (26,5%)
altre istituzioni finanziarie ………….437.308 (19,3%)
altri operatori residenti ……………...127.802 (5,6%)
operatori non residenti ……………...730.512 (32,3%)
Totale …………………………..…2.263.056 (100,0%)
[3] Replica alla risposta della DG Affari Economici della Commissione Europea (anche per conto della Commissaria Margrethe Vestager)

Nello scorso mese di giugno inviai una lunga lettera alla Commissaria europea Margrethe Vestager [1 o 2]. Pubblico la risposta della Direzione Generale Affari Economici e Finanziari della Commissione Europea, anche per conto della Commissaria Vestager, che ho ricevuto oggi.
AFFARI ECONOMICI E FINANZIARI
Economies of the Member States II
Le scrivo anche a nome della Commissaria Vestager, in risposta alla sua lettera inviata lo scorso 24 giugno.
Innanzitutto La ringrazio per l’interesse portato alle politiche comunitarie, tanto più lodevole in quanto accompagnato da un approfondimento attento e critico. Allo stesso tempo, mi permetta di esprimere alcune considerazioni generali, in particolare riguardo all’applicazione delle regole del Patto di Stabilità e Crescita, senza entrare nel merito specifico dei diversi punti da Lei sollevati.
In primo luogo, le regole fiscali incluse nel Patto di Stabilità e Crescita così come ogni loro successiva modifica sono state discusse, concordate e sottoscritte da tutti gli Stati Membri, inclusa l’Italia. Questo si applica anche alle specificazioni operative delle regole, come la metodologia di stima del prodotto potenziale, da Lei citata, che è costantemente perfezionata e discussa da un collegio di esperti rappresentanti tutti gli Stati Membri dell’Unione. Se da un lato le regole esistenti sono certamente migliorabili - e un processo di revisione promosso dalla Commissione è attualmente in corso - esse hanno svolto e svolgono un ruolo importante per la solidità dell’unione economica e monetaria.
In secondo luogo, le regole di bilancio europee sono disegnate in modo da tenere conto, a diversi livelli, della situazione economica degli Stati Membri così come di circostanze eccezionali. In aggiunta a ciò, in casi determinati la Commissione Europea dispone di margini, ben definiti e specificati dai regolamenti, per tenere conto di una valutazione complessiva della situazione economica di ciascuno Stato Membro. In linea generale, è difficile sostenere che l’applicazione delle regole fiscali sia stata particolarmente rigida nel caso dell’Italia. L’Italia è infatti lo Stato Membro che ha più beneficiato delle clausole di flessibilità previste dal braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita.
Inoltre, nonostante il livello e l’evoluzione del debito pubblico italiano non rispettassero prima facie le regole del Patto, per diversi anni la Commissione ha ritenuto che non fosse opportuno aprire una procedura per deficit eccessivo proprio sulla base di analisi e valutazioni circostanziate (pubblicate in successive relazioni preparate a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea) che hanno tenuto conto, tra gli altri fattori rilevanti, del difficile contesto macroeconomico.
Infine, il rispetto dei vincoli europei di finanza pubblica non soltanto corrisponde agli impegni sottoscritti dall'Italia come Stato Membro dell'Unione Europea, ma è anche nell'interesse del paese e della sua popolazione. Attualmente l'alto livello di debito pubblico causa un'ingente spesa per interessi, che riduce la capacità del governo di sostenere la crescita economica e l'occupazione. Ridurre il debito pubblico in linea con le raccomandazioni europee permetterebbe quindi all'Italia e agli italiani di risparmiare vaste risorse che potrebbero essere ridirette verso utilizzi più produttivi.
I miei saluti più cordiali,
Persona da contattare: ROSSI SALVEMINI, Francesco, Francesco.ROSSI-SALVEMINI@ec.europa.eu
Firmato elettronicamente il 08.08.2019 11.24 (UTC+02) in conformità all'articolo 4.2 (Validità dei documenti elettronici) della decisione 2004/563 della Commissione

Pubblico la lettera che ho inviato alla Commissaria Margrethe Vestager dopo aver letto una sua dichiarazione resa al quotidiano Il Foglio nel corso del Tech Festival, l’evento sull’innovazione organizzato a Venezia dal Foglio. Riporto, in fondo, la breve risposta dello staff della Commissaria.
Lettera alla Commissaria Margrethe Vestager sui suoi pregiudizi sull’Italia
A margrethe-vestager-contact@ec.europa.eu Copia president.juncker@ec.europa.eu e altri 48+450
ALLA CORTESE ATTENZIONE DELLA COMMISSARIA MARGRETHE VESTAGER
CC: COMMISSIONE EUROPEA, PARLAMENTARI, ISTITUZIONI, MEDIA , UNIVERSITA'
Egr. Signora Commissaria Margrethe Vestager,
“Il populismo mi preoccupa in tutte le sue forme”, e quello che sta succedendo in Italia non è affatto nuovo: “Non è un’idea nuova che qualcuno dica: ‘Tutti gli altri non hanno capito niente, io ho capito tutto e ho qui la soluzione miracolosa per tutti i vostri problemi’. Questa è un’idea vecchia. Non molto innovativa. I libri di storia sono pieni di esempi così. Ciò che deve far pensare è che i cittadini credano a queste storie e dicano: ‘Voglio votare per lui’”.
Io aborro il governo gialloverde, ma mi permetta di osservare che per capire occorre laicamente sapere, scevri il più possibile da ideologie e da pregiudizi, ma purtroppo anche Lei, come il Suo collega Moscovici (che vi abbina una dose insopportabile di ipocrisia e di improntitudine ed al quale ho già scritto), è un esempio eccellente di ignoranza dei dati.
La invito a leggere, se non lo ha ancora fatto, ciò che ha scritto di Lei, non un sovranista (nazionalista), ma un rappresentante dell’establishment come Roberto Napoletano, ex direttore de Il Sole 24 ore (il principale giornale economico italiano), nel suo ultimo libro, a proposito del trattamento riservato alle banche italiane:
«Questi pochi numeri sono sufficienti a far emergere in superficie i contorni ipotetici della questione bancaria italiana e sono tali da potere di nuovo rimettere all’indietro le lancette della nostra Grande crisi. La comunicazione al mercato di questi numeri avviene con queste parole: il prezzo del 17,5% è soggetto a valutazioni analitiche delle singole posizioni da parte di un valutatore indipendente nei successivi tre o quattro mesi. Il valutatore indipendente arriverà in seguito alla conclusione che il prezzo delle sofferenze delle quattro banche in risoluzione è più alto, pari al 22,5%, ma il suo lavoro rigoroso non servirà a nulla perché la frittata è già stata fatta e a imporre di servirla in tavola è stata la commissaria alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager, assistita e indirizzata dal vicedirettore generale olandese, Gert-Jan Koopman, custode del formalismo europeo, che ha deciso di dare in pasto ai mercati un dato così poco attendibile e così sensibile. Con questa formalistica applicazione della comunicazione della commissione europea sugli aiuti di stato (il burden sharing, antesignano, anche se più leggero, del bail-in della BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive, la direttiva comunitaria sul risanamento e la risoluzione delle banche) la Vestager mostra di capire poco di banche in genere e niente affatto di banche italiane e affianca il capo della vigilanza Nouy con i suoi stress test a senso unico nella poco nobile gara a chi butta prima giù e più rovinosamente dalla torre le banche italiane. A questa coppia si affiancherà poi con convinzione la tedesca Elke König, nominata nel 2015 presidente del board del Meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie. Di fatto con tali comportamenti, quanto meno discutibili, la coppia di ferro francotedesca, insieme alla commissaria danese, pone (volutamente?) le premesse per trasformare una bronchite in una broncopolmonite o in qualcosa di ancora più grave. Queste donne hanno nelle loro mani il risparmio degli italiani e sembra che custodirlo sia proprio l’ultima delle loro preoccupazioni.»
(“Il cigno nero e il cavaliere bianco” Yellow highlight | Location: 2,532).
Legga anche, se vuole, quello che ho scritto io nell’Appendice 1 del mio libro, come 40esimo esempio clamoroso di ignoranza dei dati e delle responsabilità della recessione italiana.
«Infine, una Commissaria europea, Margrethe Vestager, che abbiamo già incontrato nel capitolo 3, nel paragrafo sugli organi di vigilanza sulle banche.
40. «Più o meno nelle stesse ore, il professor Mario Monti, officiante dell’apertura dell’anno accademico dell’Università Bocconi, si prendeva i complimenti della commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager, per aver «salvato l’Italia» durante la crisi dello spread del 2011. Ed Elsa Fornero, ministro del lavoro e della previdenza dello stesso governo, presenziando volontariamente alla visione del film «L’esodo» di Ciro Formisano alla Cascina Roccafranca di Torino, si consegnava al processo sommario di chi era stato penalizzato dagli effetti della sua riforma previdenziale.» https://www.linkiesta.it/it/article/2017/11/30/evviva-elsa-fornero-gigante-di-dignita-tra-i-nani-e-i-pavidi-della-pol/36352/
Lei è ostinato, quasi quanto la coraggiosa millantatrice Elsa Fornero. E la commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager una ignorante dei dati (come quasi 60 milioni di Italiani, anche per colpa di voi giornalisti). Sulla base dei dati, Monti – con 63 mld cumulati - non ha salvato quasi un bel niente. Quando è arrivato, lo aveva già fatto Berlusconi – con 267 mld cumulati -, in maniera scandalosamente iniqua e perciò ancor più recessiva, anche perché vi è stato costretto dalla Commissione Europea e dalla BCE. Mi scusi, anche un bambino capisce che 267 è più del quadruplo di 63.
L’Italia è piena di difetti, che anche io critico severamente: una Pubblica Amministrazione inefficiente, una classe dirigente non sempre adeguata, un livello etico insufficiente in una quota significativa della popolazione e che riceve scarsa sanzione sociale e spesso civile e penale a causa dell’inefficienza dell’apparato giudiziario, il fardello del Sud poco e male affrontato con, da ultimo, un utilizzo solo parziale dei finanziamenti europei anche per la difficoltà di copertura del 50% di quota nazionale, l’allogazione inefficiente, sprechi e malversazioni delle risorse; ma temo che sia anche vittima sia di pregiudizi, sia di ignoranza dei dati, sia di un doppio standard nell’applicazione delle regole da parte della Commissione Europea (peraltro attestato dalla Corte dei Conti UE relativamente ai salvataggi).
Segnalo alcuni dati relativi al periodo cruciale della crisi economica, utili per comprendere la situazione e verificare quanto ho appena affermato, cominciando dal deficit/Pil per poi passare al debito/Pil.
1. Il Commissario Moscovici ha affermato che le regole UE sono intelligenti e favoriscono la crescita. Le regole sono talmente intelligenti e favoriscono la crescita che lui, quando è stato ministro dell’Economia francese, le ha, analogamente ai suoi colleghi francesi, bellamente violate, complessivamente per 9 anni consecutivi (12 sui 17 dall’introduzione fisica dell’Euro, 2002), con uno sforamento totale dal 2007 al 2016 pari a 15 punti percentuali; la Spagna ha sforato anch’essa per 9 anni consecutivi, con uno sforamento totale pari a 40,2 punti percentuali; l’Italia per 3 anni, con uno sforamento totale pari a 4 punti percentuali.
La Francia, assieme alla Germania, aveva già violato il limite del 3% nel 2003, oltre che nel 2002, per giunta impedendo alla Commissione Prodi di applicare la relativa sanzione. Cioè sono stati più gli anni che l’ha violato che quelli che l’ha rispettato, senza subire alcuna sanzione. Eh, ma si sa, come ha detto il presidente Juncker, la Francia è la Francia (sic!).
2. Ma, si obietta, l’Italia ha un alto debito pubblico. Questa accusa proviene in primo luogo dalla Germania, che come è noto definisce con la stessa parola, schuld, debito e colpa. Forse perché, dal 1800, la Germania ha fatto ben 8 volte default o ristrutturazione del debito (“This Time is Different”, pag. 99, Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart). L’Italia quasi mai, tranne una parziale ristrutturazione del debito dopo la I Guerra Mondiale. Dopo la II Guerra Mondiale, ci ha pensato l’inflazione, ma anche l’Italia (assieme alla Grecia e ad altri 19 Paesi), decise generosamente di condonare il 50% del debito tedesco e di dilazionare il resto in 30 anni, successivamente ulteriormente tagliato. Nel 2012, l’Italia ha regolarmente pagato interessi sul debito pubblico per 86 mld, ora ne paga regolarmente 66 su un ammontare di debito cresciuto di 450 mld (da 1.900 a 2.350, al lordo dei 58 mld dei “sostegni”) e – peraltro potendo contare anche su una ricchezza privata di 9.000 mld - non ha mai chiesto ad altri di pagarli o aiuto ad altri per pagarli.
3. Includendo il debito “sotto il tappeto”, il rapporto debito pubblico/Pil della Germania e dell’Olanda (2016), abituali censori dell’Italia ed in particolare del suo debito pubblico, sale, rispettivamente, al 172% e al 173%, poco sotto quello dell’Italia, che si attesta al 180% (con un denominatore, il Pil, che ha subito un calo di 170 mld a causa della politica economica prociclica imposta dall’UE).
4. Considerando anche il debito privato (dati OCSE), parametro altrettanto importante del debito pubblico e che andrebbe inserito nei parametri UE, la situazione dell’Italia (172,5 per cento del Pil) è migliore della Spagna (207,9), della Francia (233,9) e, soprattutto, dell’Olanda (261,3), uno dei maggiori censori abituali dell’Italia, in particolare del suo debito pubblico.
5. Il rapporto debito/Pil della Francia è quasi il 100%, ben oltre il limite del 60% del trattato di Maastricht. In valore assoluto è uguale a quello italiano, ma paga la metà in spesa per interessi rispetto al Pil grazie al tasso d’interesse molto più basso, potendo beneficiare, fin dallo SME, dello scudo finanziario della Germania, alla quale in cambio fa da chaperon (come si vede anche dal comportamento vergognoso del Commissario francese Moscovici). Il debito totale pubblico e privato francese è molto più alto di quello italiano. Ha un disavanzo della bilancia commerciale. Ha una spesa pensionistica fuori controllo, infatti solo ora la stanno riformando, mentre l’Italia ha fatto 9 anni fa ben due riforme severe: SACCONI (2010 e 2011), soprattutto, e Fornero (2011), il che, a giudizio della Commissione Europea e perfino di Centri Studi tedeschi, ha reso il debito pubblico italiano il più sostenibile nel lungo periodo.
6. Il mercato finanziario è fatto di investitori e di speculatori. C’è un recente articolo del Sole 24 ore che spiega che, quando ci sono turbolenze, i trader la prima cosa che fanno, appena accendono il computer, vendono BTP, facendo crescere lo spread. Non è estraneo a questo la cacofonia strumentale dei Commissari UE, oltre che dei media italiani (!), strano fenomeno, quest’ultimo, peculiare soltanto dell’Italia. Ovviamente senza che la BCE o la Banca d’Italia possano intervenire a calmierare lo spread.
7. Da 28 anni (tranne il 2009, in piena crisi economica), l’Italia fa registrare un avanzo primario, spesso consistente, in totale (%) maggiore di quello della Germania. Questo vuol dire che il debito pubblico cresce esclusivamente per colpa della spesa per interessi.
8. Anche perché l’Italia paga tassi d’interesse medi doppio di quello francese e triplo di quello tedesco, ingiustificati in base ai fondamentali (avanzo primario, sostenibilità del sistema pensionistico nel lungo periodo, saldo positivo delle partite correnti, debito totale pubblico e privato), maggiore del tasso di crescita, compresso dalla politica economica restrittiva imposta dall’UE, il che, in un circolo vizioso, autoalimenta il rapporto debito pubblico/Pil e accresce la sfiducia del mercato finanziario.
9. Il Governatore Visco (Banca d’Italia) ha dichiarato pochi giorni fa: “Questo spread che abbiamo è ridicolo perché riflette la paura che il debito non sia ripagato o non sia ripagato ai valori giusti e quindi con una valuta diversa dall’euro. Alcuni lo dicono, alcuni anche ci credono ma è una grande sciocchezza che genera distanza tra il tasso di crescita e il tasso di interesse e dunque mette un limite alla capacità di utilizzare gli investimenti pubblici per fare investimenti”.
10. Ma è un problema annoso. Nel mio libro “LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO” l’ho definito una sorta di “divisione internazionale del lavoro”: da decenni all’Italia è stato assegnato il compito di pagare lauti interessi al resto del mondo (e alle banche e assicurazioni, poiché solo il 5% è attualmente detenuto dalle famiglie), e gli investitori più importanti (coadiuvati dalle screditate società di rating con i loro giudizi ridicoli sull’Italia peggiori del 2011) sono restii a che questo cambi.
11. L’Italia è un contributore netto dell’UE per 4 mld annui.
12. L’Italia ha contribuito per 60 mld – prendendoli a prestito e che sono inclusi nel debito pubblico - ai vari fondi per aiutare i partner in difficoltà, non ha mai preso un € finora e si è dovuta accollare una parte (una trentina di miliardi) dei 140 mld di crediti inesigibili delle banche private francesi, tedesche e olandesi verso la Grecia (che li aveva ricevuti anche per acquistare sottomarini e carri armati tedeschi). Il salvataggio delle banche private francesi, tedesche e olandesi (complessivamente centinaia di miliardi, con soldi pubblici) fu addossato, limitatamente alla parte riguardante i debiti greci (2010), su tutti i Paesi dell’Eurozona, prima che nascesse il MES (operativo dal 2012), che ha sostituito due fondi salva-Stati precedenti, ma non i prestiti bilaterali (ad esempio uno di 10 mld dell’Italia alla Grecia). Addirittura, l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ritiene (lo ha dichiarato anche recentemente) che il governo Berlusconi fu defenestrato nel 2011 perché lui aveva proposto la ripartizione dei crediti in sofferenza verso la Grecia non in base alle “quote” Pil+popolazione, come pretendevano Merkel e Sarkozy (ed hanno poi ottenuto), ma in proporzione alle rispettive esposizioni.
13. L’Italia ha un rapporto debito/Pil pari al 132%. Se, però, come ho fatto nel mio libro (i dati sono al 30.6.2018):
«E (iii) una notazione controfattuale: che il rapporto debito/Pil dell’Italia risente della perdita, al denominatore, di 170 miliardi di prodotto a causa della doppia recessione impostale dall’UE, discriminandola rispetto alla Spagna e alla Francia (si veda il capitolo 1);[129] se al denominatore aggiungessimo questi 170 miliardi e al numeratore togliessimo i 48 miliardi di disponibilità liquide del Tesoro, il rapporto debito/PIL scenderebbe dal 131,5 al 116,9%; e se levassimo al numeratore anche i 58 miliardi di sostegni ai Paesi in difficoltà (lo fa anche il Governo per tali aiuti e i pagamenti debiti PA pregressi, nei report sul debito destinati alla Commissione europea), il rapporto debito/PIL calerebbe ulteriormente al 113,8%.»
14. Nel 2008 (inizio della crisi), la Francia aveva un rapporto debito/Pil pari al 68,8%, l’Italia al 102,4%. Nel 2018, rispettivamente, 98,4% (+29,6 punti; +43,0%) e 132,2% (+29,8 punti; +29,1%, con un denominatore, il Pil, che ha subito un calo di 170 mld). La Spagna, nel 2008, aveva un rapporto debito/Pil inferiore al 40%, cresciuto nel 2018 a quasi il 100% (+60 punti; +150%).
15. Infine, l’Italia, che ha subito una doppia recessione a causa della politica economica prociclica imposta dall’UE, mentre la Francia e la Spagna hanno potuto attuare per un decennio una politica keynesiana, non chiede di sforare il limite del 3%, ma una diversa applicazione della formula del deficit strutturale (output gap), che giudica “naturale”, non inflazionistico, per l’Italia un tasso di disoccupazione del 10-11% e che è ritenuta inaffidabile dalla stessa Commissione (2013) e dalla BCE, oltre che da decine di studiosi, anche ortodossi, e che è diversa e più prociclica della medesima regola utilizzata da OCSE e FMI. Ma voi della Commissione - anziché riformarla - continuate ad essere sordi e arroganti e ad applicare la vostra: errata, ascientifica, discrezionale e prociclica. Alimentando l’avversione verso l’Unione Europea, perfino negli europeisti come me, e il populismo che Lei tanto aborre. Quos vult Iupiter perdere dementat prius (a quelli che vuole rovinare, Giove toglie prima la ragione). E, si sa, i primi e quasi soli a pagare sono stati, sono e saranno i poveri cristi. E ad una social-liberale come Lei, almeno in teoria, questo dovrebbe importare molto.
Messaggio di posta da margrethe-vestager-contact@ec.europa.eu: Lettera alla Commissaria Margrethe Vestager sui suoi pregiudizi sull’Italia
Da: margrethe-vestager-contact@ec.europa.eu
Nel confermarle presa visione del suo messaggio, la prego di accettare i nostri piú cordiali saluti.

Ue, la Commissione raccomanda la procedura contro l'Italia. Il governo: "Ora dialogo"
Il report dell'esecutivo Ue: "Debito pesa per 38.400 euro ad abitante oltre a 1000 euro all'anno per rifinanziarlo". Conte: "Manovra bis non all'orizzonte". Dombrovskis: "Dall'esecutivo danni all'economia"
Di Maio e Salvini sono due incompetenti, ma questa storia del debito è una fesseria, che conferma il doppio standard applicato dalla Commissione contro l'Italia. Ma poiché non può contestare il deficit, perché il fiscal compact è ibernato, allora contesta il debito, finora mai contestato a nessun Paese dell’Unione Europea.
Nel 2012 abbiamo pagato 86 mld di interessi passivi sul debito pubblico (inclusi 3 mld per i derivati), ora ne paghiamo 65, ancorché il debito pubblico sia cresciuto da allora di oltre 300 mld1. Scomponendo le determinanti, infatti, l’effetto tasso d'interesse (doppio o triplo di quello francese e tedesco) sull’ammontare e sulla dinamica del debito pubblico (che, per effetto degli interessi, si autoalimenta) è rilevante, in barba all’obiettivo strategico UE della convergenza.
Un rapporto serio, razionale, efficace tra l’UE e l’Italia dovrebbecontemplare un accordo politico basato su uno scambio tra politica di bilanciorigorosa e calo del tasso d’interesse, oggettivamente abnorme in base aifondamentali (avanzo primario, sostenibilità del sistemapensionistico nel lungo periodo, saldo positivo delle partite correnti, debitototale pubblico e privato), in modo da liberare fino ad unatrentina di miliardi all’anno, rivenienti dalla diminuzione della spesa perinteressi, per sostenere la crescita economica e dell’occupazione.
Peraltro, l’80% degli acquisti BCE è detenuto dalla Banca d’Italia, che gira il 95% del suo utile d’esercizio al Governo (6 mld quest’anno per il 2018). La stessa BCE distribuisce fino all’80% del suo utile agli Stati membri, in ragione delle rispettive quote nel capitale della BCE.
Io ricorrerei anche alla Corte di Giustizia Europea contro la formula astrusa del deficit strutturale, che la stessa Commissione giudica inaffidabile, e che ritiene la disoccupazione del 10% “normale”. Usando il criterio applicato ad esempio dall’OCSE e da altri, l’Italia ha già raggiunto da anni il pareggio strutturale di bilancio ed ha un margine per aumentare il deficit. Ovviamente, è rilevante come lo si destina: a spesa corrente o a investimenti.
Ed invece il peggio, con Salvini - che era considerato dai decani della Lega Nord una scheggia impazzita -, probabilmente deve ancora venire.
[1] Traggo dal mio libro “LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO”: “il debito italiano (dati del PIL revisionati dall’ISTAT) è passato dal 100% nel 2008 (1.650 miliardi, 2° governo Prodi) al 116,5% nel 2011 (4° governo Berlusconi, durato quasi 3 anni e mezzo) passando da 1.650 a 1.910 miliardi con un aumento di 260 miliardi (inclusi 13 miliardi per aiuti agli altri Paesi, di cui 10 miliardi per prestito bilaterale alla Grecia e 3 miliardi al Fondo salva-Stati), al 128% e 2.040 miliardi (inclusi 30 miliardi per contributi al Fondo salva-Stati) col Governo Monti, e, infine, al lordo di 58 miliardi di sostegni, al circa 131% attuale con 2.323 miliardi al 30.6.2018, quindi è ulteriormente aumentato in cinque anni e tre mesi di 273 mld, con un incremento percentuale dal 2008 del rapporto debito/PIL pari al +31,0%;”.
Quindi, il debito pubblico è aumentato col governo Berlusconi (3 anni e mezzo) di 260 mld, di cui 13 di “sostegni ai Paesi in crisi”, quindi di 247 mld; col governo Monti (un anno e mezzo) di 130 mld, di cui 30 mld di “sostegni”, quindi di 100 mld. In più, occorre scorporare le rispettive quote di debito pubblico per “pagamento debiti pregressi PA” e “disponibilità liquide Tesoro” (v. libro).
Post e articoli collegati
Fiscal compact, piove, anzi diluvia, sul bagnato. Alcune contromisure
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Carlo Clericetti - 8 MAG 2019
Robin contro l’output gap
Possiamo aggiungere che il Nairu stimato per l’Italia corrisponde al tasso di disoccupazione che effettivamente si registra. In altre parole, l’equilibrio della nostra economia, secondo la Commissione, comporta un tasso di disoccupazione a doppia cifra. C’è bisogno di ulteriori commenti?
Di chi è l’oro detenuto dalla Banca d’Italia
Io sono miscredente, ma una delle cose in cui credo con una certa sicurezza è che la Banca d’Italia è un Istituto di diritto pubblico, in definitiva di proprietà dello Stato. Come è confermato dalla ripartizione dell’utile, che risponde ad uno schema definito[4]: nel 2018, 3,36 mld al Tesoro e appena 218 mln a quelli che la vulgata dei propalatori di BUFALE alla Borghi ritiene siano i proprietari.[5] Nel 2019, 5.710 milioni allo Stato e appena 227 milioni ai Partecipanti.[6]
NB: Vale la pena di evidenziare che lo Stato (Tesoro) non è titolare di neppure una quota della Banca d’Italia.
https://vincesko.blogspot.com/2019/04/di-chi-e-loro-detenuto-dalla-banca.html

Segnalo molto volentieri la recentissima sentenza del Tribunale dell’Unione Europea,[1] che ha bocciato la decisione della Commissione Europea, in particolare della Commissaria danese Margrethe Vestager, di considerare aiuto di Stato il salvataggio nel 2014 di una piccola banca, la Tercas, tramite l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD).
«Non ci fu ‘aiuto di Stato’ nei fondi concessi dal Fondo Interbancario (Fitd) alla Popolare di Bari per il salvataggio di Tercas nel 2014 e bocciato dall'Antitrust Ue all'epoca. Il tribunale Ue. accogliendo il ricorso dell'Italia e della Bari (sostenuto dalla Banca d'Italia) ha così annullato la decisione della Commissione Ue “che non ha dimostrato che i fondi concessi a Tercas a titolo di sostegno del Fitd (dove sedeva nel consiglio un rappresentante di Bankitalia ndr) fossero controllati dalle autorità pubbliche italiane”. L’Abi plaude e chiede alla commissione Ue i rimborsi per risparmiatori e banche concorrenti danneggiate dalle conseguenze delle sue non corrette decisioni sugli altri quattro istituti italiani.»[2]
Il divieto costituì poi il grimaldello per applicare il bail-in – in maniera retroattiva e senza gradualità - alle quattro banche medio-piccole Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti e Carife.[3]
Il nuovo capo della Vigilanza bancaria europea, l’italiano Andrea Enria, finora non particolarmente amichevole con l’Italia, ravvisa nella sentenza una novità positiva per le banche dell’Eurozona.[4]
[2] Ue, Fondo Interbancario salvataggi non fu aiuto di stato
PER IL SALVATAGGIO DI BANCA TERCAS
Corte Ue: i fondi alla Popolare di Bari non sono aiuti di Stato. Patuelli (Abi) chiede le dimissioni di Vestager
[3] Salvataggio Banca Marche, Popolare Etruria, Carichieti e Carife
Il governo deve ristorare i risparmiatori delle quattro banche Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti e Carife?
[4] 21 MARZO 2019 / 11:54
Banche Ue, Enria (Bce): decisione Corte su Tercas apre nuove strade su crisi
(Reuters) - La pronuncia della Corte di giustizia europea di annullare la decisione dell’esecutivo Ue, che aveva giudicato come aiuto di Stato l’intervento del Fondo di tutela dei depositi per il salvataggio di Banca Tercas nel 2014, apre una nuova strada per la risoluzione delle crisi bancarie della zona euro.
Lo dice Andrea Enria, nuovo responsabile Bce per la vigilanza.
Quanto alla potenziale fusione tra Commerzbank e Deustche Bank, sempre secondo Enria, un istituto di credito di grandi dimensioni deve avere una sufficiente dotazione di capitale ed essere “solvibile”.