
Les principales propositions d’Emmanuel Macron pour relancer le projet européen
Le président de la République a exposé à la Sorbonne une série de propositions et une méthode pour élaborer une feuille de route sur dix ans pour l’Union européenne.
Le Monde.fr avec AFP | 26.09.2017 à 17h26 • Mis à jour le 26.09.2017 à 20h46
Il sogno europeo sta rischiando di svanire; “il peccato originale è nell’ispirazione che ha informato tutta la costruzione europea, determinata dal progetto conservatore e neo-oligarchico dei massoni Kalergi, Monnet, Schumann e altri, con un’impostazione liberistica e deregolamentata del mercato, un Parlamento europeo privo di poteri e la prevalenza della burocrazia. Come poi è effettivamente avvenuto”.[1]
“L'interprete di questa visione neoliberista ed elitaria è diventata da anni la Germania, da quando, nel 2005, Angela Merkel ha iniziato la sua esperienza di governo alla guida dei Tedeschi”.[2]
Il discorso di Macron è importante, ma a condizione che alle parole seguano i fatti e soprattutto che la Francia non faccia prevalere il suo interesse di bottega (prestigio e scudo finanziario tedesco) al progetto di riforma dell’Unione Europea, un progetto che abbia come traguardo di medio termine un assetto federale (Stati Uniti d’Europa), anticipandone prima possibile elementi che riequilibrino i rapporti economici sbilanciati e insostenibili a lungo che caratterizzano l’attuale Eurozona.[3]
Per l’Italia, il nocciolo della questione è che con l'attuale assetto monco dell'Euro, tarato sull'economia tedesca, l'Italia (con gli altri Pigs) sta a metà del guado. O si torna indietro o si va avanti verso un’Europa federale. Abbiamo, perciò, tutto l’interesse a sostenere il presidente francese Macron, se rimane coerente, anche per rompere la diarchia franco-tedesca, in cui la Francia svolge il ruolo di chaperon interessato della egemone Germania.
Credo che Gentiloni e Macron non debbano farsi soverchie illusioni. C'è da chiedersi: perché l'egoista ed arrogante Germania dovrebbe accettare la riforma dell'attuale assetto dell'UE e, in questo ambito, dell'Euro che la favorisce e ne ha determinato la supremazia in Europa, che essa ha ricercato a più riprese fin dal tempo di Carlo Magno, passando per Otto von Bismarck e Adolf Hitler?
Gli arroganti capiscono solo il linguaggio della forza.
Per cui io non ho molta fiducia che la “bottegaia” Merkel agevoli il rilancio del progetto europeo. Come ha dichiarato lei stessa al vertice di Tallin “occorre parlare dei dettagli”;[4] e il ministro delle Finanze Schaeuble a SKY-TG24,[5] a sua volta, ha detto che la politica economica dell’UE non cambierà e che la Germania sarà favorevole a mettere in comune le Forze Armate. Evidentemente, per giovarsi dello scudo atomico francese e ridurre le spese: Ma il campo militare è solo una parte, piccola anche se importante, del nuovo assetto che si deve realizzare. E' sul resto che si gioca la vera partita per il popolo dell'Eurozona. Che ha già pagato un prezzo salato all'egemonia della Germania. Che ha voluto finora solo i vantaggi e rifiutato gli oneri della sua egemonia. La massone reazionaria Merkel (assieme al Maestro Venerabile Schaeuble) è stata dal 2005 la curatrice della costruzione in ambito UE di questo assetto leonino di autoesclusione della Germania dalle perdite, per giunta raccontando al popolo tedesco l'opposto.[6]
[1] Il piano Kalergi e la genesi dell’Unione Europea oligarchica
UE malata, governata dalla destra reazionaria, con la complicità dei sedicenti socialisti
[2] Unione Europea: rischio di disintegrazione, ma va salvata su nuove basi
[3] I difetti strutturali dell’Euro
[4] A Tallinn il vertice delle incognite. Merkel chiede tempo sulle riforme
Cena informale dei Ventisette prima del summit odierno su digitale e Web tax. La cancelliera: bene le idee dell’Eliseo, ma dobbiamo ancora parlare dei dettagli
MARCO BRESOLIN - 29/09/2017
[5] Germania, Schäuble: "La politica delle finanze non cambierà dopo le elezioni"
WOLFGANG SCHAUBLE A SKY TG24 HD: UE/ BENE MACRON ALLA SORBONA, URGENTE UNA DIFESA UNICA EUROPEA
Venerdì, 29 settembre 2017 - 15:29:00
[6] Allego questa analisi tecnico-economica molto interessante e molto istruttiva che svolge una critica severa della politica economica attuata dalla Germania dall’introduzione dell’Euro, inclusa la riforma Hartz:
1. La quota di export dell’Italia verso tutta l’UE è pari al 56% circa del totale; verso l’UEM a 19 al 42%; verso la Germania al 12,5%.[*] Tra i prodotti, le parti e accessori per autoveicoli e loro motori pesano complessivamente il 3%; le macchine di impiego generale l’11%.[*]
2. Le esportazioni (pari complessivamente a 420 mld circa) rappresentano il 25% del PIL. I problemi stanno nell’altro 75%, che vale il triplo.
3. La produzione manifatturiera italiana è calata con la crisi di quasi il 25%, ben prima delle sanzioni alla Russia, a causa degli effetti recessivi determinati dal mastodontico consolidamento fiscale (330 mld cumulati), imposto all'Italia dalla Commissione Europea Barroso (politica economica) e dalla BCE (politica monetaria e lettera del 5/8/2011 al governo italiano), per ordine della Germania.[**]
4. E’ positivo che la Germania importi i prodotti italiani (semilavorati per i prodotti tedeschi ad alto valore aggiunto), è sbagliato prefigurare un ruolo per l’Italia prevalentemente ancillare alla Germania.
5. In ogni caso, la leadership impone degli oneri che la Germania rifiuta di accollarsi (cfr. l’articolo di Sergio De Nardis), vuole solo i vantaggi, a spese dei partner (oltre che del resto del mondo), che vengono pian piano spoliati: il patto UE, come si è andato realizzando nella prassi in termini di interpretazione e applicazione delle regole al di là dei trattati (che pochissimi hanno letto), è squilibrato e iniquo e va di conseguenza riformato al più presto, togliendo o limitando, intanto, alla Germania il potere di interpretazione ed applicazione delle norme e facendo chiarezza sui vantaggi/svantaggi dell'attuale assetto. Chi lo debba fare è importante, io penso che vi debba provvedere il Parlamento Europeo.
[*] Aree geografiche di destinazione dell'export italiano (valori in milioni di euro)
Peso percentuale sul totale
………………………………....2015…2016…30/6/16…30/6/17
Europa…………………….........65,6….66,3…...67,3…….66,8
Unione Europea a 28.…..............54,8….55,9…..56,9….….56,5
di cui UEM a 19…………......…40,0….41,0…..41,8…......41,6
Paesi europei non UE..................10,8….10,4…..10,4….....10,3
Africa…………………...…...…..4,6…...4,2…....4,1………4,0
Africa settentrionale….................3,2…...3,0…....3,0………2,8
Altri paesi africani…...............….1,4…...1,2.…...1,1………1,2
America……………….....…….13,0…..12,8….12,5……..12,8
America sett.le ………….............9,6…....9,7…...9,6….......9,8
America centro mer.le..................3,3…….3,1…..2,8……...3,0
Asia………………………….…15,0…..14,8….14,2.……14,6
Medio Oriente……….......…...….5,2…...4,8…....4,7……...4,4
Asia centrale………………....….1,4…...1,4…....1,4…...…1,3
Asia orientale………….......….....8,5…...8,6…....8,1…...…8,9
Oceania e altri territori..................1,8..…1,9….…1,9….…..1,8
[**] Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti
Nel post precedente[1 oppure 2] di questo blog, ho linkato un articolo del prof. Gustavo Piga, che commentando un saggio sugli USA spiega che l’obiettivo di diventare uno Stato federale richiede moltissimo tempo e il superamento di notevoli ostacoli.
Vi dicevo anche che l’UE è una confederazione (atipica) di Stati con economie molto eterogenee, priva degli strumenti riequilibratori tipici delle federazioni e degli Stati nazionali (i trasferimenti fiscali, soprattutto, dai Paesi o Regioni ricchi a quelli meno ricchi).
Assodato questo, in attesa di diventare federazione tra alcuni decenni, se ci riusciremo, occorre disporre - oggi - di strumenti idonei onde evitare che l’UE imploda.
Le regole attuali, ispirate in buona parte dal neo-liberismo (il mercato che si regola da sé), vanno forse bene nei periodi normali; non vanno bene invece per niente – come si vede da 7 anni in Italia o in Grecia o in Portogallo, ecc. – nei periodi di crisi, poiché non consentono politiche economiche anti-cicliche (il che è un obbrobrio logico prima che tecnico). Quindi andrebbero assolutamente adeguate. Un po’ lo si è fatto con decisioni sui generis (ad esempio, l’applicazione formale del fiscal compact[1] viene rinviata di anno in anno), ma appunto sono un palliativo temporaneo.
La Germania, con i suoi satelliti, non vuole cambiare le regole attuali, chi può costringerla? Lo potrebbe fare l’Italia, ma ha troppi scheletri nell’armadio, alcuni reali (il debito pubblico attuale, anche se, a ben vedere, nel lungo periodo è giudicato tra i più sostenibili), altri fittizi (l’equilibrio di bilancio: come è scritto anche nell’articolo che stiamo commentando, l’Italia è uno dei due Paesi che rispetta – da anni - il limite del 3% del deficit/Pil e quando l’ha sforato l’ha fatto di poco, mentre la Spagna, la Gran Bretagna, la Francia, ecc. hanno raggiunto durante la crisi fino il 10%).
Anche la Francia ha delle debolezze e cerca di non gridare troppo per rimanere sotto la “fiducia” dell’ombrello finanziario teutonico, ma, come secondo membro della diarchia storica europea, è l’unico Paese che se veramente lo volesse potrebbe contrastare l’egemonia della Germania. Purtroppo, anche il sedicente socialista Hollande ha tradito il suo programma col quale ha vinto le elezioni presidenziali ed, irretito dal potere – come ha rivelato la sua ex moglie - si è affrettato anche lui ad applicare la ricetta mainstream neo-liberista: riduzione – anche se un po’ al rallentatore - del deficit e riforme strutturali: riforma del diritto del lavoro e deflazione dei salari (recalcitra invece sull’inasprimento della riforma delle pensioni). Ed è ora il presidente francese meno popolare nella storia della Francia, pregiudicandosi qualunque possibilità di sua riconferma alla presidenza (quindi non vedo che cosa ci abbia guadagnato).
Questo è il problema negli ultimi 30 anni: anche quando vince la sinistra, la politica economica attuata è di stampo liberista. I sedicenti socialisti e democratici (Blair, Hollande, Renzi) tradiscono gli ideali socialisti e/o i loro programmi elettorali.[2]
Che fare? Occorre agire su più direttrici. Atteso che è quasi vano sperare in una 'rivoluzione' progressista (siamo quasi tutti dei pantofolai, ma mai dire mai) e l'avversario - il ceto dominante da 30 anni - è ricchissimo, potentissimo (controlla i media e le università), bulimico e spietato, da una parte occorre partecipare assiduamente e, nelle forme a disposizione che includono il mezzo potente del web, bombardare senza sosta lo stato maggiore di sinistra, stimolandolo, criticandolo e punendolo; dall’altra, occorre appoggiarsi alla legge vigente, nel caso di specie i trattati UE (il nefasto fiscal compact non fa parte dei trattati, ma è una regola successiva, e andrebbe denunciato perché – afferma il prof. Guarino – li vìola) e chiederne l’applicazione rispettandone la lettera e lo spirito.
Qui arrivo al dunque: pochissimi – debbo presumere da quel che leggo in giro - hanno letto i trattati UE, se li si leggono e li si approfondiscono un poco, come ho fatto io da profano, ci si accorge che, almeno dacché è scoppiata la grave crisi economica in EUZ (Grecia, 2010), essi vengono patentemente violati sia nella lettera che nello spirito, da parte sia della Commissione europea, sia del Consiglio europeo, sia della BCE. Traggo dal mio post Replica alla risposta della BCE alla petizione sulla BCE[3]
“E’ agevole notare che, a dispetto dell'impronta ideologicamente connotata in senso ordoliberista dei Trattati UE e contrariamente alla loro interpretazione maistream neo-liberista ostinatamente propalata stravolgendo spesso la lettera e lo spirito delle norme, la lingua, la matematica, la logica e perfino i fatti, la deduzione è arbitraria, non avvalorata da una semplice lettura dell’intero testo del Trattato, in particolare l’art. 3 del TUE, che, in aderenza ai "valori" contenuti nel preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali, ribadisce i principi fondamentali del governo dell'Unione Europea, finalizzandolo a due obiettivi prioritari: la piena occupazione e il progresso sociale, essendo la stabilità dei prezzi un mero sub-obiettivo [Art. 3. L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.]; smentita dalle evidenze empiriche dell’ultimo quinquennio; contraddetta dai dati macroeconomici relativi al tasso d’inflazione e al tasso di disoccupazione dell’Eurozona; formalmente corretta per l’Eurosistema ma sostanzialmente fuorviante, poiché è in discussione non la prevalenza e la cogenza dell’obiettivo principale – la stabilità dei prezzi - ma l’obliterazione sistematica da parte della BCE del secondo obiettivo statutario – sostenere le politiche economiche dell’UE - che in deflazione o con inflazione inferiore (sensibilmente) al target, quando i due obiettivi sono assolutamente concordanti e complementari, ha le stesse dignità e cogenza del primo”.
Se ciò risponde, almeno in parte, al vero, occorrerebbe, come dicevo prima, appoggiarsi alla legge e – come Stati o come cittadini o, meglio, come soggetti organizzati (partiti, sindacati, associazioni) – “muovere” i due Organi deputati a dirimere la questione: in primo luogo, la Corte di Giustizia Europea (organo giurisdizionale), ricorrendone i presupposti, e, in secondo luogo, il Parlamento europeo (organo politico). Ho provato anche a fare un tentativo per pungolarne qualcuno, ma finora ho constatato che nessuno, né i docenti e gli intellettuali, i quali preferiscono gli inefficaci appelli, né i politici, né i sindacati, né i cittadini salvo casi sparuti, intende seguire questa strada. Ma è l’unica percorribile in tempi relativamente brevi e senza chiedere il permesso a chi detiene le leve del potere.
PS: Sono l’Ue e la Bce a non rispettare i trattati europei
Il sogno europeo sta rischiando di trasformarsi in incubo. Se permangono le attuali criticità c’è il rischio di un’implosione dell'Unione Europea ed il ritorno agli Stati nazionali, un’ipotesi che determinerebbe l’irrilevanza del Vecchio Continente, inclusa la Germania, nell’agone internazionale divenuto globale e dove operano Paesi della stazza della Cina e dell’India, che torneranno a rioccupare le loro posizioni di preminenza del XVIII secolo.[1]
Come ho già osservato in passato,[2] il peccato originale è nell’ispirazione che ha informato tutta la costruzione europea, determinata, non dal Manifesto di Ventotene del massone progressista Altiero Spinelli e altri, ma dal progetto conservatore e neo-oligarchico dei massoni Kalergi, Monnet, Schumann e altri, con un’impostazione liberistica e deregolamentata del mercato, un Parlamento europeo privo di poteri e la prevalenza della burocrazia. Come poi è effettivamente avvenuto.
L'interprete di questa visione neoliberista ed elitaria è diventata da anni la Germania, da quando, nel 2005, Angela Merkel ha iniziato la sua esperienza di governo alla guida dei Tedeschi.[3]
Con lei, da un lato, il potente e coeso complesso industriale-commerciale-finanziario tedesco ha visto sempre più tutelati i propri interessi, a scapito sia di fasce di popolazione interne (le disuguaglianze in Germania sono aumentate[4]) che di interi popoli dell’Eurozona.
Dall’altro, il veleno della manipolazione del popolo tedesco, agìta sulla contrapposizione tra Paesi virtuosi – Germania e suoi satelliti - e Paesi viziosi – Piigs -, è stato cosparso a piene mani, per unirsi su un progetto egemonico neo-nazionalista, che è anche sostanzialmente anti-europeista.
Infatti, ad una Germania leader del Vecchio continente, in grado di far marciare il proprio benessere in sintonia armoniosa e complementare con quello degli altri Stati UE (e questo era il progetto di statisti come Helmut Kohl ed Helmut Schmidt), si è sostituito un disegno di destrutturazione e progressiva spoliazione dei paesi europei più fragili, al fine di realizzare un’egemonia egoistica, cinica e predatoria.
La popolazione della Germania è stata irretita e manipolata, oggi, dal miraggio di una straordinaria egemonia continentale esattamente come lo fu ieri, negli anni del regime hitleriano.
Le politiche di austerità, rigore e decrescita del resto d’Europa sono il fondamento su cui il governo del duo massonico reazionario Merkel-Schäuble sta edificando un diabolico e cinico benessere per larghe fasce della sua nazione, ma come dicevo non di tutte.
A questo si aggiunge la debolezza della Francia, l’altro componente della diarchia europea, l’unico Paese, se lo avesse veramente voluto, capace di contrastare il disegno egemonico tedesco. Il sedicente socialista e massone Hollande, dopo aver vinto le elezioni promettendo la lotta all’austerità economica tedesca, si è dimostrato un mediocre, amico dei banchieri, e si è del tutto lasciato irretire dalle blandizie e dalle minacce che gli sono state rivolte – pare - dai vari agenti delle Ur-Lodges massoniche reazionarie.[5]
Si dice che il paradigma dell’austerity è funzionale ai progetti di costruzione di un nuovo feudalesimo europeo, e che in questo quadro il più grosso problema sono i trattati e le istituzioni vigenti, sia della UE che dell’Eurozona, per cui anche se le politiche di austerità fossero temporaneamente accantonate, ciò avverrebbe comunque in un contesto non democratico di gestione delle istituzioni continentali.
Questo è vero ma non del tutto. I trattati vigenti vengono interpretati ed applicati violandone talvolta sia la lettera che lo spirito, a beneficio del nucleo centrale europeo costituito dalla Germania e dai suoi satelliti e a danno dei Paesi periferici. Pertanto, a mio avviso, la soluzione, in attesa della rivoluzione palingenetica in senso federalista o almeno, più realisticamente, di una ridefinizione su nuove basi – più eque - delle regole di funzionamento dell’Eurozona[6]), non può che essere la strada maestra del rispetto della legge vigente. Come nel caso della BCE, che viola il suo statuto, ma in generale del rispetto dei trattati UE.[7]
[1] Trasformazione epocale da governare al meglio
[2] Il piano Kalergi e la genesi dell’Unione Europea oligarchica
[3] Le promesse da marinaio della “bottegaia” Merkel
Secondo l’istituto Diw è il paese con le maggiori differenze nell’Eurozona:
diseguaglianze crescenti, un quinto della popolazione non ha un patrimonio
Germania. Disuguaglianza salariale e "disunione regionale" ai massimi storici
[6] Meno neo-liberismo e più keynesismo, sia per la politica economica anticiclica che per sanare gli squilibri strutturali delle partite correnti (surplus e deficit commerciali), attuando l’aggiustamento anche, se non soprattutto, dal lato del Paese in surplus.
YanisVaroufakis e i poteri-doveri della BCE
Bernard Maris, Oncle Bernard (zio Bernard, come si firmava) è l’economista critico che ha perso la vita durante l’attentato a Charlie Hebdo. Bernard Maris ci ha lasciato contributi di grande interesse, estremamente critici nei confronti delle politiche sostenute dai leader europei che hanno marciato insieme a Parigi dopo gli attentati terroristici. In questo articolo apparso lo scorso aprile su Alternatives Économiques e tradotto da Economia e Politica l’economista propone di superare l’euro tornando allo SME ma introducendovi i correttivi che Keynes propose nel suo piano per una International Clearing Union.
Dialogo sul surplus commerciale eccessivo e il taglio dei salari
Infine, c’è il macigno esiziale del surplus commerciale eccessivo, poiché: a) la Germania viola da anni il limite del 6%, già di per sé sovradimensionato e fatto su misura della Germania dalla prona Commissione europea; b) si rifiuta di ridurlo, attraverso misure interne di reflazione (aumento dei salari e degli investimenti pubblici in infrastrutture), che produrrebbe un aumento del suo benessere nazionale; c) rifiuta non solo le sanzioni ma persino le critiche, facendo finta di non sapere che un’unione valutaria non ottimale (cioè tra economie disomogenee) può sopravvivere soltanto se contempla anche trasferimenti fiscali o, in loro mancanza, sanzioni severe dei surplus delle partite correnti; e d) impone quindi alla Commissione europea di perseguire e attuare il riequilibrio solo a spese dei Paesi in disavanzo commerciale, attraverso le asserite salvifiche riforme strutturali (deflazione dei costi, in particolare dei salari).
[7] Sono l’Ue e la Bce a non rispettare i trattati europei
Post e articolo collegati:
Replica alla risposta della BCE alla petizione sulla BCE
Un’unione monetaria in cui un solo Paese, la Germania, ottiene tutti i benefici è insostenibile
How Germany Gains From The Euro While Others Pay