
Dopo quello del Corriere della Sera, pubblicato ieri, ecco un altro esempio preclaro della mia fatica di Sisifo.
Lettera: Le BUFALE del Sole 24 Ore (e di tutti i media) sulla Riforma delle pensioni Fornero
martedì 21 gennaio 2020 - 11:55
ALLA C.A. DEL DIRETTORE FABIO TAMBURINI
CC: PRESIDENTI SENATO E CAMERA, PDC, SEGR. GEN. QUIRINALE, MINISTRO E SOTTOSEGRETARI LAVORO E POLITICHE SOCIALI, MINISTRO E SOTTOSEGRETARI ECONOMIA E FINANZE, COMMISSIONI LAVORO E PREVIDENZA CAMERA E SENATO, COMMISSIONI FINANZE CAMERA E SENATO, SEN. MAURIZIO SACCONI, ON. CESARE DAMIANO, PROF.SSA ELSA FORNERO, MEF, RGS, DIR. GEN. PREVIDENZA, CNEL, INPS, UPB, MEDIA, SINDACATI, ALTRI
Egr. direttore Fabio Tamburini,
Mi sorprende che anche il Sole 24 Ore, il principale giornale economico italiano, come fanno tutti i media, continui ad alimentare la generale DISINFORMAZIONE sulle pensioni (ormai mondiale), in particolare sulla Riforma Fornero, che dura dal 2013-14, dimentichi di ciò che scrivevate nel 2012 sugli effetti rilevanti delle riforme precedenti, e coinvolge anche gli esperti previdenziali. Purtroppo, nonostante le mie decine di lettere “circolari”, vi partecipano anche giornalisti esperti come Davide Colombo. Mi riferisco al suo articolo del 15 gennaio 2020 Pensioni, perché il nuovo decennio è l’ultima chance per una previdenza sotto controllo, nel quale sorprendentemente attribuisce alla sola Riforma Fornero l’intero risparmio al 2060 stimato dalla Ragioneria Generale dello Stato (RGS) in 60 punti di Pil (1.000 mld).
1. Errata attribuzione di norme pensionistiche alla Riforma Fornero
Per inciso, evidenzio che anche RGS continua[1] a sovrastimare la Riforma Fornero, attribuendole norme e relativi effetti della ben più severa Riforma Sacconi, rivelando che il funzionario che ha redatto questa parte del rapporto (forse il medesimo di due anni fa) non conosce bene la normativa pensionistica, forse sviato anch’egli dalla formulazione poco chiara e omissiva delle norme della Riforma Fornero.[2] Traggo dalla NADEF 2019,[3] citata come fonte attendibile da Davide Colombo, il quale ripete gli stessi errori:
“La previsione della spesa pensionistica14 in rapporto al PIL, riportata in figura 1, sconta gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati negli ultimi venti anni. Si fa riferimento, in particolare, all’applicazione del regime contributivo (Legge n. 335/1995) e alle nuove regole introdotte con la Legge n. 214/2011 che, elevando i requisiti di accesso per il pensionamento di vecchiaia ed anticipato, ha migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo, garantendo una maggiore equità tra le generazioni.”
Falso in gran parte, la Riforma Fornero non ha quasi toccato la pensione di vecchiaia, se non per l’accelerazione dell’allineamento da 60 a 65 anni delle donne del settore privato e la riduzione di 6 mesi per gli autonomi (uomini e donne)[4]; mentre, relativamente alla pensione anticipata, dei 2 anni e 10 mesi di aumento per gli uomini (dai 40 anni nel 2010), 1 anno e 3 mesi sono dovuti alla Riforma Sacconi; dell’anno e 10 mesi per le donne, 1 anno e 3 mesi sono stati decisi dalla Riforma Sacconi.[5]
“Il processo di riforma [sic!] ha previsto altresì l’estensione, a partire dal 2012, del regime contributivo a tutti i lavoratori.
Falso, questa è forse la BUFALA più clamorosa diffusa da tutti sulla Riforma Fornero, poiché avrebbe salvato i conti pensionistici: essa lo ha soltanto esteso a quelli che ne erano esclusi dalla stessa Riforma Dini, cioè coloro che, al 31.12.1995, avevano almeno 18 anni di contributi, tutti relativamente anziani e ormai tutti o quasi tutti già in pensione. Misura che ha realizzato un risparmio molto esiguo: appena 200 milioni a regime (2018), destinato a sparire a brevissimo.[6]
Tale risposta vale anche – e soprattutto - per Davide Colombo quando scrive: “Dal 1995, quando abbiamo adottato il sistema di calcolo contributivo, sono stati fatti circa trenta interventi in materia, quasi sempre per aumentare la spesa [questo è smentito dal risparmio, si veda appresso il punto 2, ndr]. Poi è arrivata la riforma Fornero, che ha attuato quello che con la Dini non si ebbe il coraggio di fare subito, lasciando così una transizione costosa con pensioni a calcolo misto-retributivo.” Strano che lo affermi, poiché in passato anche Colombo aveva ascritto al “pro-rata” contributivo 200 milioni”.[7]
“Infine, - scrive RGS - a partire dal 2013, tutti i requisiti di età (inclusi quelli per l’accesso all’assegno sociale) e quello contributivo per l’accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica sono periodicamente indicizzati alle variazioni della speranza di vita, misurata dall’ISTAT.
Beninteso, l’adeguamento alla speranza di vita – come scrive anche RGS citando non il nome ma la norma (DL 78/2010, art. 12, comma 12-bis) - è stato introdotto dalla Riforma Sacconi,[8] relativamente alla pensione di vecchiaia, alle “quote” (abolite dalla Riforma Fornero) e all’assegno sociale; la Riforma Fornero lo ha soltanto esteso alla pensione anticipata.[9] Davide Colombo, invece, lo attribuiva erroneamente alla Riforma Fornero (si veda l’Appendice). Forse ingannato anche lui, come quasi tutti, dall’art. 24, comma 1, lettera c della Riforma Fornero, che definisce i principi e i criteri della riforma: “c) adeguamento dei requisiti di accesso alle variazioni della speranza di vita”. Che non è il solo esempio di “appropriazione” di misure della Riforma Sacconi (e della Riforma Dini) da parte della professoressa Fornero (si veda anche l’esame critico del suo libro nel mio saggio).
2. Risparmio dalle riforme delle pensioni
Veniamo all’ultimo punto dell’articolo di Colombo: il risparmio. Egli scrive:
“Gli effetti della riforma del 2011
La riforma del 2011 garantisce un minore spesa previdenziale per 60 punti di Pil, in termini cumulati, entro il 2060 (stima della Ragioneria generale dello Stato; Nadef 2019). Senza quell’intervento la “gobba” sarebbe già arrivata con tutto il suo peso a schiacciare il resto della spesa sociale; altro che asili nido gratis. È bene tenerne conto prima di varare nuove misure di flessibilità o di “garanzia” per i lavoratori con carriere discontinue e la prospettiva di una pensione leggera. Perché, se le previsioni macroeconomiche possono anche sbagliare, i trend demografici non lasciano scampo.”
Strano. Nell’attribuire tutti i 60 punti di Pil alla Riforma Fornero, egli (i) si è dimenticato di ciò che scriveva appena nel 2018 riguardo agli effetti della Riforma Fornero[7]: “Il contributo della riforma Fornero alla sostenibilità del sistema pensionistico […] Da sola questa riforma vale un terzo dei risparmi cumulati fino al 2060”, al quale articolo seguì una mia lettera con qualche osservazione critica; (ii) si è anche dimenticato di quando, nel 2018, alla trasmissione radiofonica Radio1 RAI “Tra poco in edicola” del 13.02.2018, confermò all’incredulo conduttore Stefano Mensurati la mia dichiarazione resa in diretta (a 24’13”, cui segue dopo qualche minuto la risposta di Colombo) che circa un terzo era ascrivibile alla Riforma Fornero, circa due terzi alle riforme precedenti, e la gran parte dei residui due terzi alla Riforma Sacconi, grazie anche all’adeguamento alla speranza di vita (Mensurati è incredulo tuttora, palesando la solita, terribile “resistenza” psicologica di TUTTI ad accogliere che la Riforma Fornero è molto meno severa della Riforma SACCONI; anzi, che esista una Riforma Sacconi, cancellata perfino da documenti di studio universitari); e (iii) forse distratto da altri pensieri o, scientemente, per ingigantire i meriti della Riforma Fornero, ha travisato ciò che scrive la sua fonte, cioè RGS nella NADEF 2019,[2] che attribuisce il risparmio di 60 punti di Pil, pari a 1.000 miliardi, all’intero ciclo di riforme dal 2004: “Cumulativamente la minore incidenza della spesa in rapporto al PIL derivante dal complessivo processo di riforma avviato nel 2004 ammonta a circa 60 punti percentuali di PIL al 2060” (pag. 48).
Dal 2004, le riforme delle pensioni sono state quattro: Maroni, 2004; Damiano, 2007; SACCONI, 2010 e 2011; e Fornero, 2011.[10] Per inciso, aggiungo che facevano seguito ad altre tre riforme dal 1992: Amato, 1992; Dini, 1995; e Prodi, 1997, per un totale di sette.
Nei precedenti rapporti,[11] dei 1.000 miliardi di risparmio al 2060, circa due terzi venivano ascritti alle misure prima del DL 201/2011 e circa un terzo (pari al massimo a 330 mld, poi calati a 280 mld dopo i vari interventi legislativi successivi), venivano ascritti dalla Ragioneria Generale dello Stato agli interventi successivi (?) e in modo particolare alla Riforma Fornero, i cui effetti peraltro si esaurivano nel 2045. E poiché la misura principale di Maroni, lo ‘scalone’, fu abrogato da Damiano prima che andasse in vigore, e quella di Damiano, le “quote”, furono abolite da Fornero, al lordo dell’errata attribuzione delle norme (come conferma la professoressa Elsa Fornero nel suo ultimo libro), la grandissima parte dei residui 700 mld è ascrivibile alla Riforma SACCONI. Di fatto, perché né RGS né nessun altro lo dice.
Evidenzio che anche dalla Figura R2 della NADEF 2019 (pag. 49), emergono dubbi: (i) sono stati anche questa volta omessi il DL 138/2011 (quarto e ultimo DL della Riforma Sacconi, che ha esteso i 12 mesi della “finestra” al comparto della scuola e dell’università e rinviata la liquidazione) e la L. 247/2007 (Riforma Damiano, che però si spiega poiché ha reintrodotto le “quote”, “addolcendo” lo “scalone”, con un risparmio negativo); (ii) il risparmio dal DL 78/2010 (Sacconi) è sottovalutato, presumibilmente perché alcune sue misure sono attribuite erroneamente al DL 201/2011 (Fornero), (iii) che di conseguenza è sovrastimata; (iv) come è sovrastimata ancor di più la L. 243/2004 (Riforma Maroni), il cui provvedimento principale (lo “scalone”) fu cancellato prima che andasse in vigore dalla Riforma Damiano (non sono riuscito a reperire la relazione tecnica, ma il dossier del Servizio Studi del Senato (pag. 47) quantifica in circa 9 mld a regime il risparmio dalla Riforma Maroni, quindi un effetto notevole, però in gran parte (che non sono in grado di quantificare) annullato dalla Riforma Damiano. Al riguardo aggiungo che per l’abolizione delle “quote” la relazione tecnica (lettera B pag. 46) accredita alla Riforma Fornero un risparmio a regime di 4 mld annui. Sulle critiche al grafico, si vedano, al riguardo, la mia lettera n. 2 a RGS riportata in nota 1 e, soprattutto, l’analisi critica del grafico 2017 nel mio saggio citato alla nota 2, che in parte riporto in nota[12]. La conseguenza è che, anche questa volta, viene citata la Riforma Fornero (L. 214/2011), oltre alla Riforma Dini (L. 335/1995), e non viene citata la più severa e incisiva Riforma SACCONI, sulla quale si conferma la inspiegabile damnatio memoriae da me denunciata invano da quasi dieci anni. Una vera fatica di Sisifo.
3. Errata contabilizzazione e valutazione della spesa pensionistica
Infine, sarebbe auspicabile che Il Sole 24 Ore, con la sua autorevolezza, non alimentasse la BUFALA gigantesca sull’ammontare della spesa pensionistica italiana, BUFALA che tanti problemi ha causato (in particolare nell’anno orribile 2011) e, in parte, ancora causa all’Italia. E attestasse pubblicamente con voce chiara e forte che nell’importo lordo di 290 mld circa ci sono 90 mld di voci spurie: (i) in primo luogo 58 mld di imposte, le quali (oltre ad essere le più alte in ambito OCSE) sono una partita di giro, e, come sa anche uno studente del 1° anno che abbia studiato le partite di giro e i conti transitori, esse hanno un impatto nullo sulla spesa pensionistica; ripeto: hanno un impatto nullo sulla spesa pensionistica (e “normalmente” ci vorrebbero né anni, né mesi, né giorni, ma pochi minuti per sistemare una siffatta questione, che invece si trascina da sempre); (ii) poi, la spesa assistenziale (20-25 mld), che va a carico della fiscalità generale; e (iii) il TFR (10-15 mld), che può essere riscosso anche decenni prima del pensionamento. Al netto, il rapporto spesa pensionistica/Pil cala di 5 punti percentuali, a circa il 10,5%. Come è confermato dal Rapporto INPS relativo ai dati netti 2018:
«Le pensioni vigenti al 1° gennaio 2019 sono 17.827.676, di cui 13.867.818 di natura previdenziale (vecchiaia, invalidità e superstiti) e le restanti 3.959.858 di natura assistenziale (invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali). Nel 2018 la spesa complessiva per le pensioni è stata di 204,3 miliardi di euro, di cui 183 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali. È quanto emerge dall’Osservatorio sulle pensioni erogate dall’INPS che analizza i dati del 2018.»
Il Pil 2018 è pari a 1.753 mld; 204,3 su 1.753 fa dunque l’11,6% e, soprattutto, 183 (cioè l’importo netto effettivo pagato dalle gestioni previdenziali dell’INPS) su 1.753 è pari al 10,4%. Il che smentisce tutti gli allarmismi dei luminari e dei vari dirigenti di OCSE e FMI che hanno edificato le loro carriere sull’additare – poco patriotticamente - la spesa pensionistica italiana come quasi la più alta al mondo in rapporto al Pil, fuori controllo e bisognevole di un’ennesima riforma. Come inclina a fare anche Davide Colombo del Sole 24 ore, nell’articolo esaminato, sul fondamento di dati falsi.
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[1] Lettera n. 2 alla Ragioneria Generale dello Stato sulle sue errate interpretazioni di norme pensionistiche
[2] DL 201/2011, L. 214/2011, art. 24, commi 6 e 10.
Traggo dal mio saggio “Le menzogne sulle Riforme delle pensioni Sacconi e Fornero”, secondo volume della trilogia LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO:
«Si noti bene che la Riforma Fornero ha (col comma 5) opportunamente eliminato la «finestra» di 12 mesi (estesa anche ai lavoratori autonomi in luogo dei 18 mesi e quindi riducendola di 6 mesi), sostituendola con un allungamento corrispondente dell’età base, sia delle pensioni di vecchiaia (comma 6, lettere c e d) che delle pensioni anticipate (comma 10), ma l’allungamento (già recato dalle Riforme Sacconi - 8 o 14 mesi - e Damiano – 4 mesi in media - con le «finestre») è solo formale. Ciò ha sia dato maggiore trasparenza al sistema, sia reso omogeneo il dato dell’età di pensionamento nel confronto internazionale. Per contro, non avendo il testo della Riforma Fornero esplicitato il legame tra l’allungamento dell’età base e l’abolizione delle «finestre», l’allungamento dell’età base di 12 mesi (o 18 mesi per gli autonomi, poi ridotto a 12 dalla Riforma Fornero) viene da tutti erroneamente attribuito alla Riforma Fornero e non alla Riforma Sacconi, come lamenta la stessa professoressa Fornero nel suo ultimo libro, già citato, che riporto in nota. E che, data la sua notevole importanza, trascrivo qua:
«Rispondeva infine essenzialmente a criteri di trasparenza l’assorbimento delle cosiddette «finestre mobili» nei requisiti anagrafici e contributivi, una modalità che era stata adottata per aumentare un po’ surrettiziamente l’età di pensionamento. […] La nostra decisione pertanto fu di rendere esplicito l’anno in più richiesto [sic; in effetti già deciso da Sacconi con la L. 122/2010, art. 12, commi 1 e 2, ndr]. Di fatto, questo non corrispondeva a un aumento dell’anzianità, eppure fu interpretato così, con il seguito di ulteriori aspre polemiche.» (Elsa Fornero, «Chi ha paura delle riforme: Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni», posizione nel Kindle 3134).
Ma in questo caso si può dire: chi è causa del suo mal pianga sé stessa.»
[4] L’età di pensionamento di vecchiaia a 67 anni è stata decisa dalla Riforma Sacconi:
- da 65 a 66 anni per i lavoratori dipendenti uomini o 66 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi uomini, mediante la “finestra” mobile di 12 o 18 mesi, che incorpora la “finestra” fissa reintrodotta dalla Riforma Damiano;[i] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
- da 60 a 61 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2011, e da 61 a 65 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2012, (più «finestra» di 12 mesi) per le lavoratrici dipendenti pubbliche, per equipararle ai dipendenti pubblici uomini, a seguito della sentenza del 2008 della Corte di Giustizia UE;[ii] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
- da 66 a 67 anni per TUTTI mediante l’adeguamento alla speranza di vita, introdotto dalla Riforma Sacconi;[iv] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
[i] Riforma Damiano L. 24.12.2007, n. 247; Riforma Sacconi DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 1 a 6; DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, comma 21, per l’estensione al comparto della scuola e dell’università.
[ii] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 1, modificato dal DL 78/2010, art. 12, comma 12-sexies.
[iii] DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 1, modificato dal DL 138, L. 148/2011, art. 1, comma 20.
[iv] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato per la decorrenza dal 2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 4. Finora ci sono stati 3 scatti: 3 nel 2013, +4 nel 2016, +5 mesi nel 2019 = 1 anno, dal 1.1.2019.
[5] DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, comma 2 (“finestra” di 12 o 18 mesi); DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 22-ter (+ 1 mese per chi matura il diritto nel 2012, + 2 mesi per chi lo matura nel 2013, + 3 mesi per chi matura il diritto nel 2014); l’effetto combinato delle due misure porta l’età di pensionamento di anzianità (o anticipata) a 41 anni e 3 mesi per i dipendenti o 41 anni e 9 mesi per gli autonomi.
[6] Valga a confermarlo il risparmio di appena 200 milioni a regime stimato dalla relazione tecnica del DL 201/2011 (“salva-Italia”) per tale misura, quantificato dalla RGS, relativamente al periodo dal 2012 al 2018, in, rispettivamente, (al netto fisco) 5, 24, 39, 70, 116, 169 e 216 milioni, numeri che dimostrano la scarsissima incidenza della misura, pari ad appena l’1 per cento circa del risparmio annuo accreditato alla Riforma Fornero e destinato ad azzerarsi a brevissimo.
«Estensione del sistema contributivo pro-rata dal 1° gennaio 2012 (i valori di economia del 2018 sono sostanzialmente quelli di regime destinati a ridursi nel tempo in ragione dell'eliminazione delle pensioni interessate dalla misura).» (Relazione tecnica, pag. 46).
[7] Pensioni, senza legge Fornero spesa di 20 miliardi in più all’anno
[8] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato per la decorrenza dal 2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 4. Finora ci sono stati 3 scatti: 3 mesi nel 2013, +4 nel 2016, +5 nel 2019 = 1 anno, portando l’età di pensionamento a 67 anni per tutti dal 1.1.2019.
[9] DL 201/2011, L. 214/2011, art. 24, comma 12.
[10] Maroni, L. 243/2004; Damiano, L. 247/2007; SACCONI, L. 122/2010, art. 12, L. 111/2011, art. 18, e L. 148/2011, art. 1, commi da 20 a 23; e Fornero, L. 214/2011, art. 24.
[11] LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017
[12] «Infine, rilevo di nuovo che RGS, sempre nel documento LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017,[33] riguardo alla Riforma Fornero scrive:
«Poi la curva scende, con risparmi attorno allo 0,8% del Pil nel 2030, per azzerarsi nel 2045, quando ai minori pensionamenti corrispondono assegni più pesanti.»
Invece, la curva della Riforma SACCONI [33] – mai citata da nessuno - è bella gagliarda fino al 2060. Osservo, inoltre, che tale curva è duplice: una relativa al DL 78/2010 e l’altra al DL 98/2011 più il DL 138/2011 (quest’ultimo, estendendo la «finestra» di 12 mesi al personale del comparto della scuola e dell’università e rinviando il pagamento della buonuscita, ha procurato un risparmio, nel primo triennio di applicazione, di 100 milioni nel 2012, 1.031 milioni nel 2013 e 774 milioni nel 2014, cfr. l’analisi del Servizio Studi della Camera nel documento linkato alla nota 30).
Visivamente, emergono, dal grafico di RGS, altre considerazioni critiche (procedendo dal basso verso l’alto): (i) l’ampiezza tra la curva del DL 78/2010 (Sacconi) e la curva del DL 201/2011 (Fornero) appare sostanzialmente la stessa di quella tra il DL 78/2010 e quella dei DL 98 e 138 (Sacconi), il che è strano, poiché i provvedimenti del primo sono più corposi di quelli degli altri due messi assieme (il che giustifica il - ed è corroborato dal - sospetto (si veda la mia seconda lettera a RGS[48]) che alcune misure del DL 78/2010, tra cui l’allungamento dell’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni e/o dell’età di pensionamento anticipato a 41 anni e 3 mesi, siano state attribuite erroneamente al DL 201/2011 (Fornero); (ii) la somma delle due curve della Riforma SACCONI, dal 2020 in poi, mostra un’ampiezza analoga a quella della Riforma Fornero e va oltre il 2045, eppure – chissà per quale «arcano» motivo - si cita soltanto la Riforma Fornero e viene completamente obliterata la Riforma SACCONI; e (iii) l’ampiezza tra la curva della L. 243/2004 (Riforma Maroni) e quella dei due DL 98 e 138 del 2011 di Sacconi è palesemente sovradimensionata, il che sembra ascrivibile, in parte, al fatto che forse vi sia stata inglobata la L. 247/2007 (Riforma Damiano), che infatti non è menzionata, ed in parte ad una presumibile sovrastima complessiva delle misure della Riforma Maroni, stante l’abolizione del suo provvedimento principale, cioè lo «scalone».[23]
In definitiva, ne emerge, con le cautele del caso visto che non sono esplicitati i calcoli effettuati, che anche il grafico di RGS conferma la sopravvalutazione della Riforma Fornero a scapito della Riforma SACCONI (vedi anche appresso).»
QUALCHE ALTRO ESEMPIO DI STRAFALCIONI DE IL SOLE 24 ORE SULLA RIFORMA FORNERO
1) Cosa prevede la Riforma Fornero
–di Ma.l.C. - 20 gennaio 2015
La cosiddetta Riforma Fornero è parte del decreto legge Salva Italia varato dal governo Monti a fine 2011. In particolare la riforma impone il sistema di calcolo contributivo nella costruzione della pensione di tutti i lavoratori, anche [no, soltanto per loro, a decorrere dall’1.1.2012, ndr] per coloro che - in ragione della riforma Dini del 1995 – stavano costruendo la propria pensione con il più generoso sistema retributivo.
Contestualmente la riforma Fornero ha innalzato l'età pensionistica di uomini e donne, stabilendo i requisiti per la “pensione di vecchiaia” (in base all’età anagrafica): minimo 20 anni di contribuzione [no, per la pensione calcolata col metodo retributivo lo decise la Riforma Amato nel lontano 1992, la Riforma Fornero ha esteso il minimo di 20 anni alla pensione calcolata esclusivamente col metodo contributivo, ndr] e 66 anni di età per donne del pubblico impiego e uomini (Pa e privati) [no, come abbiamo visto, lo ha deciso la Riforma Sacconi, ndr], 62 anni per donne del settore privato (poi 66 anni e 3 mesi nel 2018), 63 anni e 6 mesi per donne lavoratrici autonome (che diventeranno gradualmente 66 anni e 3 mesi nel 2018).
Inoltre abolisce la “pensione di anzianità” (in base al numero di anni di lavoro) sostituita dalla “pensione anticipata” [no, gli ha cambiato soltanto il nome, da “anzianità” ad “anticipata”, ndr]: oggi bisogna aver lavorato 41 anni e 3 mesi per le donne o 42 anni e 3 mesi per gli uomini [no, come abbiamo visto, 41 anni e 3 mesi sia per gli uomini che per le donne, è stato deciso dalla Riforma Sacconi, ndr].
2) Legge Fornero, canone Rai e tasse universitarie:?fact-checking alle promesse dei partiti
di M. Bartoloni, A. Biondi, D. Colombo - 8 gennaio 2018
Al netto di queste misure di maggiore spesa previdenziale, le regole della riforma 2011 dovrebbero garantire comunque risparmi attorno ai 20 miliardi annui tra il 2019 e il 2020, con una proiezione di 200 miliardi nei prossimi dieci anni. Questo numero comprende anche la piena applicazione degli stabilizzatori automatici che modificano i requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita (altro strumento che molti vorrebbero depotenziare) e che fa scattare a 67 anni la vecchiaia dal 2019. [no, come abbiamo visto, è stato introdotto dalla Riforma Sacconi col DL 78/2009, art. 22-ter, comma 2, due anni prima che arrivasse il Governo Monti-Fornero, e modificato col DL 78/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, e, per la decorrenza, col DL 98/2011, art. 18, comma 4, ndr]
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-08/la-riforma-fornero-vale-ancora-20-miliardi-risparmi-l-anno-124229.shtml
3) Nel libro dell’ex direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano “Il cigno nero e il cavaliere bianco”, ce n’è un campionario.
Lettera al direttore de LINKIESTA Christian Rocca (e a tutti i media) sulla Riforma delle pensioni Fornero
https://vincesko.blogspot.com/2020/01/lettera-le-bufale-del-sole-24-ore-e-di.html
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ecc. ecc.

Ecco uno degli esempi preclari della mia fatica di Sisifo.
Lettera:Le BUFALE del Corriere della Sera (e di tutti i media) sulla Riforma dellepensioni Fornero.
sabato 18 gennaio 2020 - 21:32
ALLA C.A. DEL DIRETTORE LUCIANO FONTANA
CC: PRESIDENTI SENATO E CAMERA, PDC, SEGR. GEN. QUIRINALE, MINISTRO E SOTTOSEGRETARI LAVORO E POLITICHE SOCIALI, MINISTRO E SOTTOSEGRETARI ECONOMIA E FINANZE, COMMISSIONI LAVORO E PREVIDENZA CAMERA E SENATO, COMMISSIONI FINANZE CAMERA E SENATO, SEN. MAURIZIO SACCONI, ON. CESARE DAMIANO, PROF.SSA ELSA FORNERO, MEF, RGS, CNEL, INPS, UPB, MEDIA, SINDACATI, ALTRI
Egr. direttore Luciano Fontana,
Mi sorprende che, nonostante le mie decine di lettere “circolari”, il Corriere continui a fare da tribuna prestigiosa alla generale DISINFORMAZIONE sulle pensioni (ormai mondiale), che dura dal 2013-14, per colpa di tutti i media, e coinvolge anche gli esperti previdenziali.
Dimentico di ciò che scriveva il Corriere nel 2012 riguardo agli effetti rilevanti della Riforma Sacconi.[1] E in sfregio alla normativa pensionistica, dal momento che le pensioni sono regolate da leggi emanate dal Parlamento e promulgate dal Presidente della Repubblica, al termine di un iter che coinvolge i servizi del Parlamento (gli ottimi e dettagliati dossier delle leggi elaborati dal Servizio Studi della Camera dei Deputati sono stati per il mio saggio e sono tra le mie principali e più affidabili fonti). Quindi è tutto verificabile, e se si vuole si può distinguere il grano dal loglio, il vero dal falso.
In data 27 dicembre 2019, il Corriere ha ospitato il seguente articolo di Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, scritto a quattro mani con Michaela Camilleri, anche lei di Itinerari Previdenziali:
L’articolo è stato rilanciato da parecchi media.
Poiché in esso veniva citata soltanto la Riforma Fornero e le veniva attribuito erroneamente l’aumento a 67 anni dell’età di pensionamento di vecchiaia, ho scritto la lettera n. 3 ad Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, inviata p.c. anche al Corriere della Sera.[2]
Ma, come in passato, Alberto Brambilla ha tenuto in non cale anche la mia terza lettera e, purtroppo, ha potuto pubblicare sul Corriere della Sera del 9.01.2020 un altro articolo, in cui ha ripetuto l’errata attribuzione alla Riforma Fornero del pensionamento a 67 anni:
Allora, dopo aver inutilmente segnalato la fake news di Alberto Brambilla alla segretaria di direzione del Corriere, che si è dichiarata non competente perfino a stampare la mia lettera pec e porla all’attenzione del direttore (già tra i destinatari della lettera a Brambilla), su suggerimento di un conoscente, ho inviato al Corriere, cinque volte complessivamente, via via modificata e ridotta, questa precisazione (ora integrata in alcuni elementi nella nota 3):
L'età di pensionamento a 67 anni non è stata decisa dalla Riforma Fornero ma dalla Riforma Sacconi.
A lettere@corriere.it, letterealdocazzullo@corriere.it Copia lfontana@corriere.it, nsaldutti@corriere.it, emarro@corriere.it, info@itinerariprevidenziali.it
In riferimento ai recenti articoli di Alberto Brambilla sul Corriere del 27.12.2019 e del 9.1.2020, Le segnalo di nuovo che l’età di pensionamento a 67 anni non è stata decisa dalla Riforma Fornero, che non ha quasi toccato le pensioni di vecchiaia se non per l’accelerazione dell’allineamento graduale da 60 a 65 anni delle donne del settore privato e la riduzione di 6 mesi della “finestra” (differimento dell’erogazione) per gli autonomi, ma dalla ben più severa (in termini sia di allungamento dell’età di pensionamento che del risparmio al 2060) Riforma Sacconi:
L’età di pensionamento a 67 anni è stata decisa dalla ben più severa (per allungamento dell’età di pensionamento e risparmio al 2060) Riforma Sacconi:
- da 65 a 66 anni per i dipendenti uomini o 66 anni e 6 mesi per gli autonomi uomini mediante la “finestra” di 12 o 18 mesi;
- da 60 a 61 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2011, e da 61 a 65 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2012, (più «finestra» di 12 mesi) per le lavoratrici dipendenti pubbliche;
- da 66 a 67 anni per TUTTI mediante l’adeguamento alla speranza di vita.
Riferimenti normativi: DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter; DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12; DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18; e DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, commi da 20 a 23. Può chiedere conferma al Vostro Enrico Marro.
[Trova l’analisi e le prove documentali in questo mio saggio LE MENZOGNE SULLE RIFORME DELLE PENSIONI SACCONI E FORNERO: Chi ha varato la riforma delle pensioni più severa (Le tre più grandi bufale del XXI secolo Vol. 2) https://www.amazon.it/dp/B07PVBXV98.]
Che il caporedattore Economia, Nicola Saldutti, mi ha chiesto di ridurre.[4]
Cosa che ho fatto, aggiungendo un lungo commento, inviato a vari destinatari.[5]
Il risultato finora (18.01) è stato che l’articolo di Alberto Brambilla con la notizia falsa sulla Riforma Fornero è rimasto in homepage del Corriere della Sera fino a giovedì 16.01, cioè per ben sette giorni, disinformando i lettori e alimentando la BUFALA gigantesca sulla Riforma Fornero, mentre la mia precisazione, per il poco che valeva, non è stata pubblicata.
Questo della DISINFORMAZIONE sulle pensioni (e sulle manovre finanziarie della XVI legislatura, Governi Berlusconi e Monti), che ha fatto in Italia 60 milioni di vittime, inclusi gli esperti, i docenti universitari, ministri, alti dirigenti pubblici, i sindacalisti, oltre all’estero, anche per colpa del Corriere della Sera, è davvero un caso surreale, che richiederebbe, come ho scritto pochi giorni fa al direttore de LINKIESTA in una lettera pec[6] inviata p.c. a centinaia di destinatari importanti, incluso il Corriere della Sera, un intervento della Procura della Repubblica o forse… dell’ONU, vista la sua dimensione ormai mondiale. E nella lettera al direttore de LINKIESTA aggiungevo: “Voi media, com’è noto, siete prodighi di esortazioni per la lotta in teoria alle fake news, alias BUFALE, ma poi siete i primi ad alimentarle nella prassi quotidiana”. E, nel caso della Riforma Fornero, limitatamente ai propalatori consapevoli delle BUFALE, con una ostinazione e una “resistenza” degne di una Commissione d’indagine (in senso lato: anche psicologico).
[1] Si veda, ad esempio, questo articolo:
Corriere della Sera L'ETA MEDIA È SUPERIORE DI DUE ANNI RISPETTO ALLA FRANCIA E VICINA A QUELLA TEDESCA
Pensioni, «il sistema (ora) è in sicurezza» Mastrapasqua, la riforma e il bilancio dell'Inps
Nei primi sei mesi del 2012 l'età media per l'accesso alla pensione nel privato è stata di 61,3 anni
Il dato sull'aumento dell'età media di pensionamento risente soprattutto dell'effetto combinato dello scalino per la pensione di anzianità e dell'introduzione della finestra mobile mentre non tiene ancora conto della riforma Monti-Fornero che dispiegherà i suoi effetti a partire dal 2013.
[2] Lettera n. 3 al Dott. Alberto Brambilla sulle sue notizie false sulle pensioni
[3] Questo è più completo:
- - da 65 a 66 anni per i lavoratori dipendenti uomini o 66 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi uomini, mediante la “finestra” mobile di 12 o 18 mesi, che incorpora la “finestra” fissa reintrodotta dalla Riforma Damiano;[i] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
- da 60 a 61 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2011, e da 61 a 65 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2012, (più «finestra» di 12 mesi) per le lavoratrici dipendenti pubbliche;[ii] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
- - da 66 a 67 anni per TUTTI mediante l’adeguamento alla speranza di vita, introdotto dalla Riforma Sacconi;[iv] quindi la Riforma Fornero non c’entra.
[i] Riforma Damiano L. 24.12.2007, n. 247; Riforma Sacconi DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 1 a 6; DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, comma 21, per l’estensione al comparto della scuola e dell’università.
[ii] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 1, modificato dal DL 78/2010, art. 12, comma 12-sexies.
[iii] DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 1, modificato dal DL 138, L. 148/2011, art. 1, comma 20.
[iv] DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato sostanzialmente dal DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato per la decorrenza dal 2013 (quando è effettivamente decorso) dal DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 4. Finora ci sono stati 3 scatti: 3 nel 2013, +4 nel 2016, +5 mesi nel 2019 = 1 anno, dal 1.1.2019.
[4] Il 12 gennaio 2020 alle 17.51 Saldutti Nicola <NSaldutti@rcs.it> ha scritto:
Buongiorno,
nei prossimi giorni metteremo il suo chiarimento, le chiedo solo di ridurre la sua precisazione a 1300 battute, Grazie
[5] Re: L’età di pensionamento a 67 anni non è stata decisa dalla Riforma Fornero ma dalla Riforma Sacconi.
A Saldutti Nicola Copia Corriere-dellaSera-Lettere-e-Idee, Marro Enrico, info@itinerariprevidenziali.it, a.brambilla@itinerariprevidenziali.it, michaela.camilleri@itinerariprevidenziali.it, maurizio.sacconi@senato.it, damiano_c@camera.it, elsa.fornero@unito.it, ichino@pietroichino.it, ogiannino@yahoo.com, tito.boeri@unibocconi.it, pietro.garibaldi@carloalberto.org, segreteria.landini@cgil.it, segreteria.camusso@cgil.it, segreteria.ghiselli@cgil.it, nazionale@spi.cgil.it, segreteria.generale@cisl.it, segreteriagenerale@uil.it
Reivio la mia precisazione in dimensioni ridotte.
CC maurizio.sacconi@senato.it, damiano_c@camera.it, elsa.fornero@unito.it, ichino@pietroichino.it, ogiannino@yahoo.com, tito.boeri@unibocconi.it, pietro.garibaldi@carloalberto.org,
In riferimento ai recenti articoli di Alberto Brambilla sul Corriere del 27.12.2019 e del 9.1.2020, rilanciati da tutti i media, Le segnalo che l’età di pensionamento a 67 anni non è stata decisa dalla Riforma Fornero, ma dalla ben più severa (per allungamento dell’età di pensionamento e risparmio al 2060) Riforma Sacconi: da 65 a 66 anni per i lavoratori dipendenti uomini o 66 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi uomini, mediante la “finestra” di 12 o 18 mesi; da 60 a 65 anni (più «finestra» di 12 mesi) per le lavoratrici dipendenti pubbliche; da 60 a 65 anni (più «finestra» di 12 o 18 mesi) per le donne del settore privato, gradualmente entro il 2026 (2023, includendo l’adeguamento automatico alla speranza di vita); da 66 a 67 anni per TUTTI mediante l’adeguamento alla speranza di vita. Riferimenti normativi: DL 78/2009, L. 102/2009, art. 22-ter; DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12; DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18; e DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, commi da 20 a 23.
Vi ringrazio della pubblicazione, ma trovo davvero utile aggiungere che la DISINFORMAZIONE sulle pensioni (che costituisce quella che io ho battezzato la Seconda più grande Bufala del XXI secolo; la Prima riguarda le manovre correttive della XVI legislatura, che ha avuto per vittime 60 milioni di Italiani, inclusi quasi tutti gli economisti, e poi l’estero, inclusi premi Nobel e giornali prestigiosi; e la Terza gli obiettivi statutari della BCE, che ha colpito perfino la nostra banca centrale) richiederebbe ben altro, poiché ha fatto anch’essa in Italia 60 milioni di vittime, oltre all’estero, assumendo ormai una dimensione mondiale. Per responsabilità di tutti i media, dimentichi di ciò che scrivevano nel 2012 sugli effetti portentosi della Riforma Sacconi (i quali adesso vengono erroneamente attribuiti da TUTTI alla Riforma Fornero); e, in particolare, di alcuni esperti previdenziali: tra i principali – come ho dimostrato per tabulas nel mio saggio, nel mio blog, e nelle mie decine di lettere “circolari” -, anche per la loro notorietà, si annoverano Elsa Fornero, a mio avviso fin dalla ‘anomala’ struttura e formulazione del testo della sua Riforma (si veda, ad esempio, proprio il caso dell’aumento a 66 anni della pensione di vecchiaia o di 41 anni e 3 mesi della pensione anticipata, che le viene erroneamente attribuito, com’ella stessa incongruamente lamenta nel suo libro del 2018), Maurizio Sacconi, Cesare Damiano, Giuliano Cazzola, Oscar Giannino, Tito Boeri, Pietro Garibaldi, Pietro Ichino, Alberto Brambilla, ai quali ho scritto numerose volte, ma o non leggono le e-mail e pec o palesano un’ostinazione degna di miglior causa e che andrebbe indagata sotto il profilo psicologico e stigmatizzata (stigmatizzare = deplorare severamente e pubblicamente); ri-trovate tutte le lettere nel mio blog http://vincesko.blogspot.it. Ai quali si aggiungono ministri, parlamentari, alti dirigenti pubblici, sindacalisti (perfino della CGIL, che fu l’unico sindacato ad opporsi nel 2010-11 alla severissima Riforma SACCONI ed avrebbe tutto l’interesse a combattere le BUFALE sulle pensioni, non ad alimentarle, come fanno Camusso, Landini, Ghiselli, Pedretti, che ignorano le norme pensionistiche ed imitano le “complici” di Sacconi e Tremonti, CISL e UIL), governatori di banca centrale, giornali stranieri prestigiosi, OCSE, FMI, ecc.
Essa ha avuto – ed in parte ha ancora - insieme alle altre due un impatto molto negativo sull’Italia, poiché – come ho osservato in una mia recente lettera al giornale economico tedesco Handelsblatt - i pregiudizi verso l’Italia (coltivati anche – e soprattutto - dalla tecnostruttura UE a trazione tedesca e olandese) sono alimentati spesso da false notizie o, peggio, notizie false, provenienti in primo luogo dall’Italia. Come avvenne in particolare durante l’anno orribile 2011, ma continua tutt’oggi. E non è necessario essere patrioti sfegatati per ritenerla una prassi autolesionistica e profondamente antitaliana.
In conclusione, segnalo che quasi l’unico che abbia risposto finora al mio centinaio di lettere, inviate a migliaia di destinatari, è stato il Quirinale, che avevo coinvolto come extrema ratio nel caso dell’errata interpretazione del Ragioniere Generale dello Stato e della Direttrice Generale Previdenza delle chiarissime norme della Riforma Fornero e della Riforma Sacconi relative all’adeguamento dell’età di pensionamento alla speranza di vita. È sconfortante constatare che neppure l’inoltro delle mie osservazioni da parte del Quirinale al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali è riuscito, sei mesi dopo, ad evitare che la burocrazia ripetesse tale errata interpretazione nel decreto direttoriale del 5.11.2019. E che nessun altro dei destinatari (segnatamente gli esperti) mi abbia dato una mano in questa difficilissima incombenza, avendo a che fare col moloch della terribile burocrazia italiana, la peggiore dell’Europa occidentale (si veda il poscritto nella mia lettera a RGS).
Dopodiché sono tornato alla carica, prima con i predetti due alti dirigenti e poi con la Ministra. Ma (i) a un cittadino normale è precluso ricevere informazioni dalla segreteria del RGS e perfino accedere telefonicamente alla segreteria del Ministro del Lavoro (che forse ignora l’esistenza della Riforma SACCONI, poiché non la cita mai); mentre, essendo il numero diretto pubblicato sul suo sito, (ii) ho attualmente in corso un’interlocuzione con la Direzione Generale Previdenza, che ha riconosciuto la bontà delle mie osservazioni e ha delegato per la risposta un funzionario, che però è spesso assente e dopo due mesi non mi ha ancora risposto. Vale forse la pena di precisare che io sono già in pensione e faccio questo soltanto per contrastare le BUFALE, a me particolarmente invise (‘vizio’ che andrebbe anch’esso indagato…), e per i milioni di futuri pensionandi, inclusi voi che leggete (ma sembra che non vi freghi niente).
PS: Vi sarei grato se mi poteste avvisare del giorno di uscita della mia precisazione.
[6] Lettera al direttore de LINKIESTA Christian Rocca (e a tutti i media) sulle loro false notizie sulle pensioni
Lettera: Le BUFALE del Sole 24 Ore (e di tutti i media) sulla Riforma delle pensioni Fornero_20-01-2020

Pubblico la lettera che ho inviato, il 14 gennaio scorso, al giornalista Stefano Mensurati, conduttore della trasmissione Tra poco in edicola di Radio1 RAI, sulla questione delle BUFALE propalate da quasi 10 anni sulla Riforma delle pensioni Fornero. Sono intervenuto qualche volta in diretta telefonica per contrastarne qualcuna, come è avvenuto la notte prima che gli inviassi questa lettera, ad opera del responsabile Welfare della CGIL, Roberto Ghiselli, che, almeno in teoria, dovrebbe essere un esperto della materia pensionistica. A Ghiselli, come scrivo nella lettera, ho fatto omaggio del mio saggio, che al capitolo 2 esamina proprio tale materia, ed ho inviato decine di lettere “circolari” sulle false notizie sulle pensioni. Ad oggi non ho ricevuto nessuna risposta.
A trapocoinedicola@rai.it
La Sua reazione ieri notte a difesa dell’indifendibile compagno Ghisleri della CGIL, al quale ho fatto omaggio del mio saggio e inviate tutte le decine di lettere di interesse dei sindacati, qualche volta telefonando alla sua segreteria per accertarmi che fossero poste alla sua attenzione (come ho fatto anche stamattina, ma non sono riuscito a parlargli) mi ha sorpreso.
Io, da perfetto ignorante fino ad allora (vede? non ho paura di definirmi tale, quando lo sono), m’interesso di pensioni dal 2010, quando mi mancava un anno per il pensionamento e, purtroppo, scoppiò la crisi greca, che indusse l’UE a chiedere anche all’Italia una stretta fiscale e sulle pensioni. Allora il Governo Berlusconi varò la prima manovra anticrisi, il DL 78 del 31 maggio 2010, di 62 mld cumulati a valere per il triennio successivo (ma le misure strutturali valgono tuttora), al cui art. 12 c’è la severissima Riforma SACCONI, che, tra le altre cose, aumentò l'età di pensionamento sia di vecchiaia che di anzianità, e perciò mi rinviò di un anno il pensionamento di vecchiaia da 65 a 66 anni, portando la “finestra” fissa, introdotta dalla Riforma Damiano nel 2007, da 4 a 12 mesi per i dipendenti e a 18 per gli autonomi; e modificò sostanzialmente l’adeguamento alla speranza di vita (ch’egli aveva introdotto un anno prima col DL 78/2009, art. 22-ter, comma 2, cioè 2 anni prima che arrivasse Elsa Fornero, alla quale viene erroneamente attribuito) relativamente alla pensione di vecchiaia, alle “quote” e all’assegno sociale, che poi, attraverso 3 scatti rispettivamente di 3+4+5=12 mesi, ha portato l’età di pensionamento di vecchiaia da 66 a 67 anni dall’1.1.2019. Ma (anche) Ghiselli lo imputa a Fornero (sic!).
La CGIL fu l’unico sindacato ad opporsi e, considerate le critiche che riceve nel Web per non essersi opposto alla Riforma Fornero, avrebbe tutto l’interesse a chiarire chi ha fatto che cosa in tema di pensioni, non ad attribuire i 67 anni e i 1.000 mld di risparmio alla Riforma Fornero, come improvvidamente e incredibilmente ha fatto ieri notte Roberto Ghiselli, alimentando la damnatio memoriae della severissima Riforma SACCONI e rivelando che non ha letto affatto lo studio di RGS LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2017, che io esamino nel mio saggio rilevandone le incongruenze e dove si analizza il risparmio al 2060 delle riforme delle pensioni dal 2004 (che sono 4: Maroni, 2004; Damiano, 2007; SACCONI, 2010 e 2011; e Fornero, 2011) e ne parla per sentito dire.
Tornando a Lei, io penso che un bravo giornalista debba fare esplicitamente o implicitamente del fact cheking e non alimentare le BUFALE. Lei è bravo, ha una voce che “passa”, talvolta perfino corregge gli interlocutori quando crede di padroneggiare l’argomento, ma ha un pessimo rapporto con alcune parole: come ignoranza e censura. E soprattutto con la Riforma delle pensioni Fornero. Capisco che, da quando ascolto la Sua trasmissione e, soltanto quando sento delle BUFALE enormi, intervengo per correggerle (come ho fatto obtorto collo ieri notte), le ho rotto il giocattolo che attira audience di parlar male della Riforma Fornero, come fanno tutte le trasmissioni, 60 milioni di Italiani e quasi tutti gli esperti. Ma questo non l’autorizza ad alimentare la universale DISINFORMAZIONE sulle pensioni, anziché contrastarla.
Le pensioni sono regolate da leggi, emanate dal Parlamento e promulgate dal Presidente della Repubblica, al termine di un iter che coinvolge i servizi del Parlamento (gli ottimi e dettagliati dossier delle leggi elaborati dal Servizio Studi della Camera dei Deputati sono stati per il mio saggio e sono tra le mie principali e più affidabili fonti). Quindi è tutto verificabile, e se si vuole si può distinguere il grano dal loglio, il vero dal falso. La Sua trasmissione Tra poco in edicola è inclusa da circa un anno nella mia mailing list e quindi ha ricevuto finora alcune mie decine di lettere “circolari”, diverse delle quali hanno riguardato le pensioni. In esse, ci sono sempre tutti i riferimenti legislativi a sostegno delle mie osservazioni critiche sugli autori delle BUFALE scritte o verbali ai quali le lettere, talvolta pec, sono indirizzate, da ultimo la risposta che ho inviato a Nicola Saldutti, caporedattore Economia del Corriere della Sera, sulle BUFALE diffuse sullo stesso Corriere da Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, sulla Riforma Fornero, e dove c’erano i riferimenti legislativi, che peraltro ho dovuto ridurre per ragioni di spazio (tra poco ne invierò un’altra, via pec, al giornale on-line LINKIESTA). Non ne ha letta nessuna? Se non le ha lette ha fatto malissimo. Le legga e così sarà in grado finalmente di distinguere chi dice il vero e chi il falso. Ammesso che Lei ami conoscere la verità, e non cullarsi comodamente nel pregiudizio e nell’ignoranza.
PS: Se mi comunica il Suo indirizzo email ed è iscritto o intende iscriversi ad Amazon, Le farò omaggio del mio saggio in ebook, di 310 pagine e corredato da 480 note. Nella postfazione c’è il commento di Elsa Fornero, che io critico severamente nel mio, naturalmente per tabulas, perché la considero tra i principali responsabili della DISINFORMAZIONE ormai mondiale che circonda le pensioni italiane, la quale attesta che nella mia analisi mi sono attenuto alle norme di legge. Se preferisce può comunicarmi quello postale della sede della Sua trasmissione e le invierò, tramite Amazon, il cartaceo, che ho appena finito di revisionare. Attendo un Suo cortese riscontro di presa visione.
Pubblicherò questa lettera e la Sua eventuale risposta nel mio blog. Ometto questa volta, in via eccezionale, di indirizzarla p.c. ad altri destinatari.

Pubblico con un discreto ritardo la lettera che inviai nell’ottobre 2019 al deputato di Fratelli d’Italia Marco Osnato su un tema che mi è molto caro, considerata la sua gravità in termini di estrema penuria e di decisività sull’esistenza economicamente sostenibile di milioni di poveri: le case popolari. Ad oggi non ho avuto nessuna risposta.
Lettera all’On. Marco Osnato (FdI) sul suo intervento alla Camera sulle case popolari
A osnato_m@camera.it Copia maria.alberticasellati@senato e altri 48+390
ALLA C.A. DELL’ON. MARCO OSNATO
CC: PARLAMENTARI, MEDIA, SINDACATI, PROFESSORI, ALTRI
Ho ascoltato su Radio Radicale il Suo intervento di ieri alla Camera dei Deputati sulla Nota di variazione al DEF 2019. Ne riporto, quasi integralmente, la parte relativa alle case popolari:
«Infrastrutture … Non abbiamo visto niente su un altro tema che a noi è sicuramente caro, che è quello dell’edilizia residenziale pubblica, non c’è stanziato un Euro per le nuove edificazioni … e purtroppo solo nella Milano dove io vivo ci sono 22 mila persone in lista d’attesa sulle case popolari … una casa che è un diritto, in primis per gli Italiani che hanno pagato per tanti anni la Gescal, che maldestramente un Governo di sinistra tolse, togliendo i finanziamenti proprio all’edilizia residenziale pubblica. E in questo Paese, dopo i grandi piani d’investimento degli anni ’20 e del Piano Fanfani sull’edilizia residenziale pubblica, non si è fatto più niente. E quindi noi abbiamo bisogno di dare delle case agli Italiani e poi anche agli stranieri che ne hanno diritto».[1]
Mi permetto informarLa che il 6 settembre u.s., in riferimento a questo problema enorme delle case popolari, ho inviato una lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e p.c. al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato e ad altri, che accludo, assieme alla risposta del PdC e alla mia replica.[2]
In essa, ho evidenziato che in Italia risultano censiti alloggi pubblici popolari e ultrapopolari, spesso fatiscenti, per
“appena 526.699 unità, pari all’1,5 per cento del totale di 35 milioni di immobili residenziali, contro il 10, 20, 30 per cento di altri Paesi UE (al 1° posto c’è l’Olanda col 32%); negli altri Paesi europei, infatti, vengono costruiti molti più alloggi popolari, per calmierare i prezzi degli affitti e tutelare i ceti più poveri.
Il numero delle case popolari e ultrapopolari è diminuito rispetto a quindici anni fa, a seguito della loro vendita (privatizzazioni).
Il divario con gli altri Paesi UE risulta ancora più marcato in termini di spesa per l’housing sociale, con un rapporto spesa/Pil dell’Italia pari (2005 e 2009) ad un misero 0,02%, contro una media dello 0,57% UE27”.
Mi permetto di aggiungere:
- che la Gescal non è stata chiusa da un Governo di sinistra ma dal Governo Andreotti I, con DPR del 30.12.1972 con effetto dal 31 dicembre 1973, e che il contributo Gescal fu abolito, dopo le proteste dei sindacati e dei lavoratori, perché non veniva più utilizzato per il suo scopo;[3]
- che anche su altre leggi, forse ancora più importanti, emanate dal Parlamento il Gruppo FdI pecca di approssimazione informativa;[4]
- che il Governo Berlusconi-Bossi-Fini stornò, nel 2008, 550 milioni stanziati dal precedente Governo Prodi per l’edilizia residenziale pubblica, che è stato l’ultimo provvedimento di una certa portata in materia (cfr.[2], nota 10);
- che sull’IMU-TASI (da Lei criticata nel Suo intervento, sollevando il solito polverone sull’introduzione di un’imposta patrimoniale, che invece, a mio avviso, sarebbe cosa buona e giusta se fosse limitata al decile più ricco, che si è arricchito con la crisi, anche perché ha partecipato poco al mastodontico risanamento dei conti pubblici[4]) si fa un piagnisteo ingiustificato da tutti i punti di vista (secondo il MEF, il gravame medio annuo è stato pari nel 2012 ad appena 225€ e l’85% ha pagato meno di 400€, cfr. anche la nota 8 della predetta lettera e i post collegati), alimentato colpevolmente da voi politici di destra; e che io suggerisco di ripristinarla sulla casa principale (4 mld), almeno sui ricchi e i benestanti, che ne pagano i 2/3, proprio per co-finanziare un grande piano pluriennale di case popolari di qualità, sulla falsariga del Piano Fanfani, anche da Lei evocato nel Suo intervento; e
- che, infine, l’attuale Governo M5S-PD-LeU intende prevedere un Piano Casa,[5] con una dotazione di un miliardo, ma esso, sia per il contenuto, sia per l’ammontare della spesa, mi sembra soltanto una timida anticipazione e del grande Piano Casa prospettato recentemente dal Segretario del PD Nicola Zingaretti[2], e del Suo auspicio che vengano costruite molte case popolari e, soprattutto, del grande Piano Pluriennale di Case Popolari di Qualità necessario per cominciare a ridurre lo scandaloso divario dell’Italia rispetto agli altri Paesi UE.
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[1] 10 Ottobre 2019 - Seduta 236ª - Nota di aggiornamento del Def 2019 (documento, discussione, votazioni)
[2] Lettera al PdC Giuseppe Conte: proposta di un Piano Pluriennale di Case Popolari di Qualità
Risposta del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Replica alla risposta del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Taglio ai contributi, addio Gescal
[4] Lettera all’On. Francesco Lollobrigida di FdI sulle sue false notizie sul Governo Monti
[5] Il governo prorogherà ecobonus e sisma bonus. Un miliardo per i quartieri a rischio

Pubblico la terza lettera che ho inviato cinque giorni fa ad Alberto Brambilla, esperto di pensioni e presidente di Itinerari previdenziali, sulle sue notizie false sulle pensioni. Ho posposto l’aggettivo “false” al sostantivo “pensioni”, come faccio quando la falsità è intenzionale. Ad oggi, come per le due precedenti lettere, non ho ricevuto nessuna risposta.
Lettera n. 3 al Dott. Alberto Brambilla sulle sue notizie false sulle pensioni.
sabato 28 dicembre 2019 - 22:02
AL C.A. DEL DOTT. ALBERTO BRAMBILLA E DELLA DOTT.SSA MICHAELA CAMILLERI
CC PRESIDENTI SENATO E CAMERA, PDC, SEGR. GEN. QUIRINALE, MINISTRO E SOTTOSEGRETARI DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, COMMISSIONI LAVORO E PREVIDENZA CAMERA E SENATO, PROF.SSA ELSA FORNERO, SEN. MAURIZIO SACCONI, ON. CESARE DAMIANO, RGS, DIR. GEN. PREVIDENZA, CNEL, INPS, UPB, MEDIA, SINDACATI
Egr. Dott. Alberto Brambilla,
Le scrivo per la terza volta per rappresentarLe, sorpreso ed anche un poco irritato, che neppure questa volta, nel Suo articolo Pensioni 2020, inizia il regno del contributivo.Così i giovani lavoreranno fino a 71 anni, pubblicato sul Corriere della Sera di ieri 27.12.2019, Lei è riuscito a nominare, neanche per sbaglio, la severa Riforma delle pensioni SACCONI. Commettendo una bugia di omissione, anzi peggio: poiché è un esperto, citando soltanto la Riforma Fornero, Lei falsifica l’informazione, deforma la verità, inganna chi legge. Anche Lei, purtroppo, fa parte di quel gruppo di esperti previdenziali che, colpevolmente, alimenta la BUFALA, ormai mondiale, sulla Riforma delle pensioni Fornero, cui fa da pendant la damnatio memoriae della ben più severa Riforma delle pensioni SACCONI. Eppure dovrebbe conoscerla, visto che, dal Suo curriculum, risulta, tra l’altro, che Lei era Presidente del “Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale” presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del governo Berlusconi, dal luglio 2008 al giugno 2012, quando essa fu approvata nel 2010 (e modificata e integrata nel 2011). O forse proprio per questo la “dimentica”?
1) Pensione di vecchiaia[1]
Ad esempio quando ha scritto: “pur avendo un’età legale per l’accesso alla pensione di vecchiaia pari a 67 anni”.
La pensione di vecchiaia – come Lei sa - è uno dei due modi ordinari di pensionamento, anzi è quello “ordinario” in senso stretto. Essa è stata portata a 67 anni, per tutti, dalla Riforma SACCONI, benchmark in UE, vale a dire prima della Germania (2029), che l’ha ridotta nel 2014 a 63 anni in caso di 45 anni di anzianità contributiva, e molto prima della Francia, dove è a 62 anni e la riforma delle pensioni la si sta faticosamente approvando soltanto ora:
(i) per gli uomini, i quali non sono stati toccati dalla riforma Fornero;
(ii) per le dipendenti pubbliche, di 7 (sette) anni, quasi senza gradualità, le quali non sono state toccate dalla riforma Fornero; e
(iii) per le donne del settore privato, per le quali la riforma Fornero ha soltanto accelerato l’allineamento a tutti gli altri (già regolati da SACCONI) da 60 anni (2010) a 65 anni entro il 2018, ma l’aumento da 65 a 67 è dovuto per 4 mesi alla Riforma Damiano (“finestra”, L. 247/2007) e per 1 anno (adeguamento all’aspettativa di vita) e 8 mesi (“finestra”) alla Riforma SACCONI.
2) Pensione anticipata (ex anzianità)[2]
Osservo che ai “42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne” della pensione anticipata, va aggiunta la ripristinata “finestra”, nel 2018, di 3 mesi.
Aggiungo che, dei 42 anni e 10 mesi per gli uomini (rispetto ai 40 del 2010), 1 anno e 3 mesi sono dovuti alla Riforma SACCONI (tranne 4 mesi alla Riforma Damiano) e 1 anno e 7 mesi alla Riforma Fornero (55,9%).
Dei 41 anni e 10 mesi per le donne (rispetto ai 40 del 2010), 1 anno e 3 mesi sono dovuti alla Riforma SACCONI (tranne 4 mesi alla Riforma Damiano) e 7 mesi alla Riforma Fornero (31,8%).
Va anche considerato che, per gli autonomi (maschi e femmine), la Riforma SACCONI ha aumentato l’età di pensione di vecchiaia e anticipata (tramite la “finestra”) di ulteriori 6 mesi, poi aboliti dalla Riforma Fornero.
“gli anni medi di anticipo rispetto ai requisiti di legge ci dicono che siamo più vicini a Quota 103 che a Quota 100”.
D’accordo. Ma, per completezza, rilevo che, prima della Riforma Fornero (che ha abolito le “quote” ed è entrata in vigore dal 1° gennaio 2012), la “quota” era 97 nel 2012 e sarebbe aumentata di un anno, quindi a 98 anni, nel 2013, ma poiché era anche agganciata dalla Riforma Sacconi all’aspettativa di vita, il cui primo scatto, nel 2013, è stato di 3 mesi (limite massimo stabilito dalla riforma Sacconi, DL 78/2010, art. 12, comma 12-ter), sarebbe aumentata a 98 anni e 3 mesi nel 2013.
Se non ci fosse stata la Riforma Fornero, nel 2019, per effetto dell’adeguamento all’aspettativa di vita, deciso dalla Riforma Sacconi, la «quota» sarebbe aumentata di (3+4+5) 12 mesi, quindi si sarebbe arrivati a quota 99, cioè un anno meno della mirabolante «quota 100» salvinian-dimaiana.
E a quota 99 si sarebbe arrivati con un’età anagrafica tra i 62 e i 63 anni.
4) “Una riforma [Fornero] fin troppo rigida soprattutto per i più giovani, i cosiddetti contributivi puri; per loro, l’accesso alla pensione è previsto a 64 anni solo a patto di aver maturato un assegno pari a 2,8 il minimo”.
Va distinto: (i) il contributivo puro è stato deciso dalla Riforma Dini (L. 335/1995); e (ii) il relativo coefficiente 2,8 dalla Riforma Fornero.
Infine, evidenzio che, del risparmio di spesa di 1.000 miliardi dalle riforme delle pensioni dal 2004 (Maroni, 2004; Damiano, 2007; Sacconi, 2010 e 2011; e Fornero, 2011), stimato dalla Ragioneria Generale dello Stato al 2060, meno di 1/3 è attribuito alla Riforma Fornero; la grandissima parte dei 2/3, di fatto, alla Riforma Sacconi.[3] Dall’analisi di RGS, risulta anche che il «pro-rata» contributivo introdotto dalla riforma Fornero fa risparmiare, a regime (2018), appena 200 milioni circa all’anno (su una quindicina di miliardi annui), che poi si riducono in breve fino a sparire.
Ecco, questo è il dato forse più clamoroso, poiché la vulgata, alimentata dagli esperti, è che la riforma Fornero abbia sostituito il metodo contributivo al retributivo per tutti, mentre in realtà ha solo esteso, pro rata dall’1.01.2012, il metodo contributivo, introdotto dalla riforma Dini nel 1995, a coloro che ne erano esclusi, vale a dire coloro che al 31.12.1995 avevano almeno 18 anni di anzianità contributiva, quindi relativamente anziani e presumibilmente in massima parte oggi già pensionati. Come conferma RGS, ma già nella relazione tecnica del 2011 (pag. 48): «buona parte dei lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31/12/1995 hanno già acceduto al pensionamento;».
Francamente, io che contrasto da nove anni queste BUFALE gigantesche, ormai diventate mondiali, sulle manovre finanziarie correttive della XVI legislatura e sulle pensioni, che hanno fatto in Italia 60 milioni di vittime, inclusi gli esperti e i docenti universitari, trovo che sia surreale e degno di studio, sotto i profili della comunicazione (riferito in particolare ai media) e psicologico, questa pervicacia Sua e di altri pochi esperti, inclusi la professoressa Elsa Fornero, l’ex senatore Maurizio Sacconi e l’ex deputato Cesare Damiano, oltre che dei media, e nell’indifferenza dei parlamentari, tutti destinatari da anni delle mie numerose lettere “circolari”, media che dal 2013 diffondono pari pari le notizie false proprie o di altri sulle pensioni (incluso il Corriere, che forse dovrebbe affidarsi maggiormente ad Enrico Marro, piuttosto che a esperti di previdenza complementare, cfr., da ultimo, la mia precedente lettera del 12.11.2019), di alimentare la BUFALA, ormai diventata mondiale per colpe “endogene”, sulla Riforma delle pensioni Fornero, alla quale viene attribuito scandalosamente anche ciò che ha deciso la severa Riforma delle pensioni SACCONI. Invece di fare – aggiungo speranzoso - corretta divulgazione e di cooperare a far correggere, come sto provando ad ottenere io, semplice cittadino informato, da solo (ma, per fortuna, ora con l’appoggio del Quirinale!, l’unico che mi abbia risposto finora), le evidentissime errate interpretazioni del Ragioniere Generale dello Stato e della Direttrice Generale Previdenza delle norme pensionistiche Sacconi e Fornero relative all’adeguamento dell’età di pensionamento alla speranza di vita, che impatteranno negativamente su milioni di pensionandi, scrivendo anche alla Ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (la cui segreteria è inaccessibile telefonicamente ad un semplice cittadino come me),[4] lettere che peraltro ho già trasmesse per conoscenza anche a Lei.
[1] Pensionamento di vecchiaia
Riforma Sacconi: da 65 a 66 anni dall’1.1.2011 per i lavoratori dipendenti e a 66 anni e 6 mesi per i lavoratori autonomi (tramite la cosiddetta “finestra” di erogazione, di 12 mesi o di 18 mesi, DL 78/2010, art. 12, commi 1 e 2, DL 98/2011, art. 18, comma 22-ter, DL 138/2011, art. 1, comma 21); da 60 a 65 anni + “finestra” di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti pubbliche (DL 78/2009, art. 22-ter, comma 1, modificato dal DL 78/2010, art. 12, comma 12-sexies); e a 67 anni dall’1.1.2019 per tutti (grazie all’aggancio alla speranza di vita, DL 78/2009, art. 22-ter, comma 2, modificato dal DL 78/2010, art. 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, modificato dal DL 98/2011, art. 18, comma 4).
Riforma Fornero: accelerazione da 60 a 65 anni dell’allineamento delle donne del settore privato a tutti gli altri già regolati da Sacconi, gradualmente entro il 2018; riduzione di 6 mesi per gli autonomi, allineandoli a tutti gli altri.
[2] Pensionamento anticipato
Riforma Sacconi: 41 anni dall’1.1.2011 (DL 78/2010, L. 122, art. 12, comma 2), + 1 mese dall’1.1.2012, + 1 mese dall’1.1.2013, + 1 mese (41 anni e 3 mesi) dall’1.1.2014 (DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18, comma 22-ter); quindi, in forza della Riforma Sacconi, si arriva a 41 anni e 1 mese o 2 o 3 per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti e 41 anni e 7 mesi o 8 o 9 per i lavoratori e le lavoratrici autonomi.
Riforma Fornero: aumento di un anno, da 41 anni e 3 mesi (già statuiti dalla riforma Sacconi, anche se dal nuovo testo l’aumento di 1 anno e 3 mesi rispetto al 2010 sembra deciso dalla Riforma Fornero) a 42 anni e 3 mesi, limitatamente agli uomini (DL 201/2011, L. 214/2011, art. 24, comma 10), + 7 mesi di adeguamento alla speranza di vita (L. 214/2011, art. 24, comma 12), che porta l’età a 42 anni e 10 mesi; un anno in meno per le donne.
Riduzione di 6 mesi per gli autonomi, allineandoli a tutti gli altri.
Ora 43 anni e 1 mese per gli uomini, un anno in meno per le donne, anziché 43 anni e 3 mesi previsto per gli uomini o 42 anni e 3 mesi per le donne, grazie all’ultima modifica legislativa del 2018, che ha sterilizzato l’adeguamento di 5 mesi alla speranza di vita, ma reintrodotto una “finestra” di 3 mesi, che è il solito trucco per indorare la pillola ai supposti cittadini allocchi.
[3] Risparmio dalle pensioni dal 2004
In sintesi, dei 1.000 mld di risparmi pensionistici stimati da RGS al 2060 dalle 4 riforme delle pensioni dal 2004 (Maroni, 2004, la cui misura principale, lo ‘scalone’, fu abrogato da Damiano prima che andasse in vigore; Damiano, 2007, le cui “quote” furono abolite da Fornero; Sacconi, 2010 e 2011; e Fornero, 2011), al lordo dell’errata attribuzione delle norme (come conferma la professoressa Elsa Fornero nel suo ultimo libro), soltanto 350 (poi calati a 280 dopo i vari interventi legislativi) vengono ascritti alla riforma Fornero, i cui effetti peraltro si esauriscono nel 2045. Secondo Lei a chi vanno ascritti i residui 700 mld? Dei quali nessuno, neppure Lei, parla.
[4] Finora, non ho ricevuto alcuna risposta dalla ministra, né potuto sapere se il problema da me sollevato è al suo esame (esame - si badi bene - che è stato chiesto dal Quirinale nel marzo scorso al precedente ministro Di Maio, ma il recente decreto direttoriale del 5.11.2019 ha reiterato l’errata interpretazione della norma Fornero, di cui al comma 13 dell’art. 24 della L. 214/2011). Invece, dopo varie telefonate, ho in corso un’interlocuzione con la Direzione Generale Previdenza, che ha ritenuto che le mie osservazioni non sono infondate e mi ha preannunciato una risposta.
a.brambilla@itinerariprevidenziali.it, michaela.camilleri@itinerariprevidenziali.it,